Giovani ed ansia da prestazione: la chiave dell’ (in)successo?

Essere bravi, prendere ottimi voti, avere successo nel lavoro e in tutto quello che facciamo: si cresce così nella società moderna.

Fin da piccolissimi veniamo investiti di grandi aspettative di riuscita da parte di genitori, parenti e di chiunque ci sia intorno. È assolutamente “normale” volere e pretendere il meglio per sé stessi e da sé stessi, spronandoci continuamente a migliorare. Ma quante volte ci è capitato di esserci caricati di attese in maniera eccessiva? Quante volte ci è capitato, ancora, di puntare ad un ideale forse irraggiungibile perché troppo elevato e non facendo altro, in questo modo, che alimentare ansia da prestazione e stress?

Quante volte, ancora, abbiamo saltato scuola in vista di un compito importante, ci siamo bloccati nel dare esami, abbiamo sperimentato la voglia di non presentarci a lavoro o di evitare alcune situazioni di fronte a delle scadenze importanti ed imminenti? La cosa forse peggiore di queste situazioni è che molto spesso non si tratta tanto di un mancato impegno dal punto di vista formativo ed educativo quanto piuttosto di un forte ed incontrollabile sentimento d’ansia: l’ansia di non farcela, l’ansia di vedere vanificati tutti i nostri sforzi. L’ansia di essere giudicati e, ancor più, di essere giudicati male.

Ma una domanda che spesso mi sono fatta è: si tratta di un sentimento positivo o negativo per noi?

Posta così la domanda potrebbe sembrare banale ma in realtà, secondo me, non lo è: sono tanti gli studenti che a ridosso del momento della valutazione si fanno prendere dall’ansia, per varie ragioni. Dalle aspettative dei genitori e degli amici all’importanza del passaggio all’età adulta, dal timore per il futuro al sentire l’esame non solo come una prova sulla preparazione, ma anche come giudizio sulla persona. Una certa dose di ansia è normale e, fino a un certo punto, anche positiva ed io l’ho sperimentato spesso sulla mia pelle: l’attenzione, la sensazione e il timore di non ricordare nulla di quanto studiato sono infatti senza dubbio stimoli per lo studio e servono a spingere a dare il massimo. È superata una certa soglia che la sensazione diventa deleteria, insostenibile ed ingestibile a tal punto da diventare da ostacolo per noi stessi.

E il paradosso è proprio questo: in un momento così importante ma così delicato, un momento in cui la gestione delle nostre sensazioni e della nostra emotività dovrebbe essere al primo posto per noi…perdiamo il controllo e diventiamo inspiegabilmente ed inavvertitamente nemici di noi stessi, di qualcosa che in realtà sembra molto più grande di quello che realmente è ma che, in quei momenti, sembra effettivamente una difficoltà insormontabile.

Inutile dire che la pandemia non ha fatto che peggiorare anche questo aspetto della nostra vita: quanti di noi hanno avuto problemi con la didattica a distanza e, ancor di più, con il pensiero di sostenere esami online…davanti a tutti? Quanto era presente, in maniera quasi asfissiante, il timore di sostenere prove così importanti davanti ad un pubblico potenzialmente infinito ed indefinito di persone?

Non lo negherò: io sono una persona molto ansiosa e benchè “lotti” con questo sentimento da anni ho ancora molta difficoltà a gestirla per bene. Ci sono delle volte in cui prende il sopravvento su di me e decido di lasciarmi andare a momenti di sfogo e maggiore fragilità; altre volte, invece, riesco ad essere padrona di me e di come mi sento. Se c’è però una cosa importante che ho capito in questi anni è che non bisogna mai giudicarsi troppo severamente e pretendere da sé stessi, forse, l’irraggiungibile. Alla fine siamo persone, siamo umani e siamo fallibili. È giusto concederci momenti di emotività e di crollo, momenti di stop in cui ci lasciamo sopraffare anche da sentimenti e sensazioni negative purchè queste possano poi essere da sprono per ripartire più forti di prima.

Il consiglio che quindi mi sento di darvi è, evitando soliti banalità: sappiate ascoltarvi e sappiate volervi bene, non solo nei momenti belli ma anche in quelli brutti e ricordate, soprattutto, che non è un voto più o meno alto o esserci laureati un anno prima o un anno dopo a fare di noi la persona che siamo…e saremo.

Un’ulteriore chicca per rialzarvi quando vi sentirete giù ed incapaci di poter affrontare una situazione o un ostacolo: il testo della canzone “Una chiave” di Caparezza: “No. Non è vero che non sei capace, che non c’è una chiave”.

 Ludovica Italiano

 

 

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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