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“Questa è un’annata disastrosa, ancora peggio del 2017 quando abbiamo chiesto alla Regione l’aiuto per mancato raccolto. Due dati per rendere l’idea: lo scorso anno ho realizzato 15 quintali di acacia quest’anno 6, per il tiglio sono passata da 3 quintali a 40 chilogrammi. Le api, che si presentavano bellissime in primavera, oggi sono stremate hanno smesso di volare e non svolgono più il prezioso lavoro di trasporto di nettare e polline”.

Così Stefania Tavarone dell’azienda “L’ape Ste”, una laurea in Scienze Politiche e un’esperienza in Olivetti durata dodici anni, oggi ha oltre 300 arnie sparse nel territorio acquese più una piccola parte che sconfina nell’Ovadese, diventata apicoltrice per passione, dopo aver messo “le mani nelle api” e aver sentito la sua vita cambiare.

“Si può parlare di un crollo di produzione che tocca il 60% e ora l’ondata di caldo africano rischia di dare il colpo di grazia agli alveari dove le api ventilatrici sono impegnate a rinfrescare l’interno agitando velocemente le ali in modo da ricambiare l’aria e quelle acquaiole portano invece acqua in forma di goccioline per raffreddare, a scapito della normale attività di impollinazione. Con le elevate temperature in pericolo ci sono anche le nuove covate con le operaie al lavoro per salvarle dalla disidratazione ed evitare che le temperature interne alle arnie superino i 33-36 gradi. Non siamo ancora in allarme siccità ma se continua così manca poco”, continua Stefania.

“La stato di sofferenza delle api, che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente, è rappresentativo in realtà dello sconvolgimento provocato dal clima sulla natura, animali e piante. Gli agricoltori– sottolinea il presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco  – sono costretti a ricorrere all’irrigazione di soccorso per salvare le coltivazioni in sofferenza per le alte temperature, dagli ortaggi al mais, dalla soia al pomodoro poiché con le temperature superiori ai 35 gradi anche le piante sono a rischio colpi di calore e stress idrico che compromettono la crescita dei frutti negli alberi, bruciano gli ortaggi e danneggiano i cereali”

L’ondata di calore africana è la punta dell’iceberg delle anomalie di questa pazza estate dopo un giugno che si è classificato al secondo posto dei più bollenti dal 1800 con una temperatura superiore di 3,3 gradi rispetto alla media, un maggio freddo e bagnato e i primi mesi dell’anno particolarmente siccitosi.

“Le api rappresentano una risorsa fondamentale, un prezioso equilibrio per la natura globale: infatti, prodotti come mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e, colza dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti. – aggiunge il direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – Le api, non bisogna dimenticarlo, sono utili anche per la produzione di carne con l’azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme come l’erba medica ed il trifoglio fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento. Anche la grande maggioranza delle colture orticole da seme si possono riprodurre grazie alle api come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla”.

Difficile a questo punto non continuare a ripensare a quanto affermava Albert Einstein, “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.