Lo Scottish National Party (Snp) si conferma, per la quarta volta consecutiva, il partito di maggioranza del Parlamento scozzese. Lo scrutinio elettorale, conclusosi il 9 maggio, riconosce ai nazionalisti 64 seggi, uno in più rispetto al 2016. Seguono i conservatori con 31 seggi e i laburisti che, in calo con i loro 22 seggi, confermano la propria parabola discendente. L’Snp sfiora dunque l’agognata maggioranza di 65 seggi su 129, necessaria per seguire il sogno dell’indipendenza. Sono i Verdi però, ultimo partito ad entrare nel parlamento, che, con i loro 8 seggi, potrebbero permettere ai nazionalisti di realizzare il loro sogno: la rottura da Londra, l’indipendenza e la riannessione nell’Unione Europea. Malgrado le differenze sulla politica ambientale, le forze politiche dei Verdi del Snp condividono entrambi il sogno di un’indipendenza scozzese, spingendo il paese verso un referendum popolare secessionista. «Sembra oltre ogni dubbio il fatto che ci sia una maggioranza pro indipendenza nel Parlamento scozzese», ha commentato Nicola Sturgeon, primo ministro e leader del Snp, intervistata dai media britannici.

Un Regno dis-unito: Edimburgo chiama…

Il referendum per l’indipendenza della Scozia, svoltosi nel 2014, ha visto vincere, con appena il 55%, coloro che desideravano rimanere nel Regno Unito. Tuttavia, la vittoria della Brexit potrebbe aver modificato le carte in tavola. Infatti, malgrado gli scozzesi in quell’occasione abbiano votato in gran parte per il “Remain”, 62%, la Scozia è stata costretta a seguire Westminster lungo l’itinerario dell’uscita dall’Unione Europea. Questo ha provocato l’aumento dei consensi di coloro che avevano sempre ritenuto troppo vincolante l’unione con Londra. Insieme alla Scozia anche Irlanda del Nord e Galles hanno visto ingrossare le fila dei propri movimenti pro-indipendenza. Solo la pandemia ha posto in secondo piano la questione secessionista, dando tempo a Westminster per pensare a come affrontare la questione delle rinnovate richieste di indipendenza, mai del tutto sopite.

La parabola ascendente della Sturgeon, proseguita anche nelle prime fasi della pandemia, avrebbe subito secondo i sondaggisti, un’inversione di marcia durante l’inverno scorso. Gli ottimi risultati della rapida campagna vaccinale di Boris Jhonson e lo scandalo politico che ha colpito Alex Salmond, ex leader del partito nazionalista scozzese, dovrebbero esserne i motivi. Ad ogni modo, malgrado da più parti aumentava lo scetticismo nei confronti di una possibile vittoria dei nazionalisti, le elezioni hanno confermato la presa del Snp sul Parlamento scozzese.

…e Londra risponde

Da Downing street giunge chiaramente il rifiuto verso le richieste di un referendum, definendo tale proposta del tutto «incauta e irresponsabile». Le elezioni amministrative hanno modificato i rapporti di potere. Anche Boris Jhonson, estremamente impopolare all’inizio della pandemia, esce rafforzato dalle ultime votazioni locali, ottenendo la vittoria nello storico seggio laburista di Hartlepool. In una lettera rivolta alla premier Sturgeon, pubblicata sulle colonne del Daily Telegraph, il primo Ministro invita la leader scozzese a «discutere insieme le nostre sfide condivise». Malgrado la diversità di vedute, egli sostiene di avere «una comunione di intenti» con la first Minister, il cui fine è sempre quello rivolto a favorire «l’interesse delle persone che serviamo». La lettera di Johnson, poi, si rivolge a tutti i cittadini, ricordando come: «Le spalle larghe del Regno Unito abbiano sostenuto i posti di lavoro e le imprese in lungo e in largo, per tutto il Paese», ribadendo la necessità di affrontare insieme, come paese unito, la sfida condivisa della ripresa post pandemica. Anche la leader scozzese ha placato gli animi più effervescenti, dichiarando che il referendum si farà «quando sarà il momento». La Premier ha confermato il suo impegno di governo per «guidare il paese attraverso la pandemia e mantenere le persone al sicuro da Covid». Tuttavia, «quando la crisi sarà passata», ha aggiunto la Sturgeon, il suo lavoro «sarà per dare alle persone in Scozia il diritto di scegliere il proprio futuro. Questo è tutto ciò che ho promesso e questo è tutto ciò che intendo mantenere.»

Una Scozia più europea e meno inglese

La Brexit ha danneggiato molti settori economici scozzesi, dal settore industriale alla pesca, che sperano di beneficiare di un eventuale ripresa di relazioni commerciali con l’Unione Europea, garantita da una loro indipendenza dal Regno Unito. Tuttavia, la situazione non è semplice, se da un lato potrebbe non essere così facile rientrare velocemente nell’UE, dall’altro, la rottura del mercato comune con Londra potrebbe avere effetti disastrosi per il paese situato oltre il vallo d’Adriano, con un probabile aumento delle tasse e le difficoltà commerciali su scala globale legate ad un periodo di transizione.

Nondimeno, la premier scozzese ha concluso la sua intervista alla BBC sottolineando come non ci sia: «alcuna giustificazione democratica per tentare di bloccare il diritto del popolo scozzese di decidere il proprio avvenire. A qualsiasi politico a Westminster che voglia mettersi di traverso – conclude la Sturgeon- dico due cose. Primo, non andate allo scontro con l’Snp, ma con i desideri democratici del popolo scozzese. Secondo, non ci riuscirete. Il solo che possa decidere il futuro della Scozia è il popolo scozzese e nessun politico di Westminster può o deve mettersi in mezzo».

Daniele De Camillis

 

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"