MILANO (ITALPRESS) – In Italia ogni anno si effettuano circa 100.000 interventi di protesi d’anca, soprattutto quando l’articolazione è gravemente compromessa dall’artrosi oppure in seguito a frattura del collo o del femore: l’intervento è in crescita del 5% circa all’anno, una variazione legata sia all’invecchiamento della popolazione sia all’ampliamento delle indicazioni chirurgiche nei pazienti più giovani; circa 20.000 protesi infatti vengono impiantate in persone sotto i 65 anni e 5.000 in pazienti con meno di 50 anni. Il recupero dopo l’intervento varia in base a diversi fattori tra cui l’età, la condizione fisica e la tecnica utilizzata: la maggior parte delle persone operate riprende le normali attività entro 6-12 settimane, dopo una riabilitazione che comprende la mobilizzazione dopo 24 ore e percorsi di fisioterapia. “Si ricorre a una protesi d’anca quando la qualità di vita del paziente si è deteriorata in modo significativo e non più accettabile, quindi quando artrosi, displasia o altre condizioni patologiche che danneggiano la cartilagine producono un deterioramento della qualità di vita con dolori e questo porta il paziente a richiedere alla protesi: si tratta dunque di un intervento preventivo”, ha spiegato Alessandro Massè, direttore della prima Clinica ortopedica e traumatologica della Città della Salute e della Scienza presso l’Università di Torino, intervistato per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
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