Un vento nuovo soffia in Marocco e l’aria di cambiamento diventa palpabile. Il partito islamista della Giustizia e dello Sviluppo (Pjd) ha perso le sue ultime elezioni. L’ 8 settembre, infatti, i marocchini si sono riunite alle urne e il risultato è stato sorprendente. Il Pjd, partito di maggioranza negli ultimi 10 anni, è passato dai 125 seggi del 2016 ai 12 di quest’anno, ridimensionando di gran lunga la propria influenza in Parlamento. Lo stesso ex premier El Othmani non è riuscito a racimolare un posto nella futura legislatura. Con 102 seggi è il Raggruppamento nazionale degli indipendenti (Rni), guidato dal miliardario Aziz Akhannouch, il vincitore della tornata elettorale che, insieme al Partito dell’Autenticità e della Modernità, Pam, con 82 deputati, formerà la nuova coalizione di governo. «I marocchini hanno sentito l’esigenza di cambiare e i risultati sono stati certamente una chiamata al cambiamento. – in questo modo commenta il risultato elettorale lo stesso Akhannouch – Il nostro resta un Paese democratico. Agli islamisti è stata data una prima e una seconda possibilità. Adesso il popolo ha deciso di cambiare e ha dato a noi, e ad altri partiti con i quali si dovrà formare la maggioranza, il compito di voltare pagina».

La presenza delle donne: uno spiraglio di luce nuova

«Uno spiraglio di luce nuova» è il commento alle elezioni del professore Luigi Serra, preside della Facoltà di Studi Arabo-Islamici del Mediterraneo dell’Università degli Studi L’Orientale di Napoli, nonché presidente dell’Associazione internazionale per lo studio delle civiltà mediterranee. In un’intervista rilasciata presso Vatican News il professore mette in luce le motivazioni che hanno portato alla caduta del partito islamista del Pjd, imparentato con i Fratelli mussulmani; «La mancanza di effetti innovatori della politica così come annunciati nella programmazione degli sconfitti di oggi. La gente si aspettava qualche altra cosa; innanzitutto, da parte dei giovani sul piano dell’occupazione e da parte delle classi medio-alte dal punto di vista della partecipazione alla programmazione dello sviluppo economico del paese».  Il partito islamista negli ultimi dieci anni ha infatti mancato ogni obiettivo, dalla lotta contro la corruzione alla sanità, passando per l’istruzione, i marocchini hanno avvertito la necessità di rinnovamento sociale e politico. Fortemente sentito è il tema della liberalizzazione dei diritti civili, soprattutto delle donne e della questione relativa alla rappresentanza femminile, percepito come marcatore sociale necessario per un vero e proprio rinnovamento. Le elezioni, infatti, hanno sancito uno storico e decisivo risultato anche in questo senso. Non è mai successo infatti che le tre città più importanti del paese, Rabat, Casablanca e Marrakech siano contemporaneamente guidate da tre donne. Rabat, capitale amministrativa del Marocco, sarà guidata da Asmaa Rhlalou, cronista politica e già deputata della precedente legislatura, prima donna ad ottenere l’incarico di segretaria della Camera ed ora prima sindaca della capitale. Casablanca, capitale economico- finanziaria del Marocco, avrà come sindaco Nabila Rmili, medico dello sport e direttrice regionale della Salute, già conosciuta e stimata dai cittadini marocchini per l’iniziativa dei “vaccinodromi”, centri di distribuzione vaccinale che hanno avuto un ruolo decisivo nel frenare l’aumento dei contagi nella città, tra le più colpite sotto pandemia. Infine, Marrakesch, la capitale turistica del Marocco, sarà governata per la seconda volta, dalla prima cittadina Fatima-Zahra Mansouri, eletta già sindaco della metropoli maghrebina nel 2009.  

L’aria nuova del Maghreb.

Un Marocco quindi che si apre a nuove opportunità, sfiduciato dalla passata reggenza dei partiti ruotanti intorno alla sfera politico-militante dell’Islam. Tale fenomeno però, a ben vedere, mette in luce una nuova fase nello sviluppo politico – civile e sociale non solo del Marocco, ma di tutto il Maghreb. Il professor Serra ne sembra convinto: «Il ciclo dell’Islam politico nel Maghreb pare abbia toccato il suo punto terminale». A 10 anni dalle primavere arabe, l’appeal della capacità gestionale e identitaria delle formazioni politiche che fanno dell’Islam la propria bandiera identitaria sembra vacillare nel Nord Africa occidentale. Colpevole, forse in parte, è anche la costruzione etnico identitaria della regione. La dicotomia tra berberi e arabi sembra favorire la fine di un ciclo politico e l’inizio di una nuova coscienza. Un’innovazione nella partecipazione politica per le classi sociali nordafricane, che nella loro bi, o sarebbe meglio dire plurietnicità, potrebbe mettere in atto un processo positivo di una nuova costruzione identitaria. Un nuovo polo politico che, soppiantando il tradizionale ciclo islamista, risponda in maniera adeguata alla mutata sensibilità sociale e civile. I risultati del processo in corso sono difficili da prevedere. Un’aria meno torbida e, forse, più balsamica per la regione sta soffiando nel Maghreb, saranno gli effetti, con dieci anni di ritardo, del profumo del Gelsomino?

 

Daniele De Camillis

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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