Proseguono gli scontri in Ucraina. La controffensiva, spalleggiata dalle iniezioni di risorse europee ed americane, è riuscita a sfondare il fronte russo su Kherson. Migliaia i soldati russi in ritirata, mentre Mosca decide di abbattere 5 ponti sul Dnieper al fine di coprire il ripiego delle truppe sulla sponda sinistra del fiume, che torna ad essere di nuovo fronte di combattimento.

Il prezzo della guerra si paga in sangue.

Almeno 100 mila, secondo fonti americane, i soldati russi morti o feriti nel conflitto, mentre secondo lo Stato maggiore delle forze ucraine le perdite russe, dall’inizio della guerra, ammonterebbero a circa 80.000 uomini. «Ad oggi la recente escalation russa di terrore con missili e droni ha solo portato il mondo a rispondere con nuovi aiuti» ha affermato Volodymir Zelensky su Telegram, aggiungendo: «Faremo di tutto affinché il maggior numero possibile di Paesi si unisca e fornisca aiuti». Il Donetsk, fa notare il presidente in guerra: «Rimane l’epicentro della follia degli invasori: muoiono a centinaia ogni giorno. La terra davanti alle postazioni ucraine è letteralmente disseminata dei corpi degli invasori».

Paura politica e incompetenza diplomatica. Kiev e Mosca, un dialogo fra sordi.

Una strage alla quale l’opinione pubblica sembra quasi fare l’abitudine, data l’incapacità della politica internazionale di portare le parti ad una soluzione pacifica. La difficoltà ad aprire un tavolo, e soprattutto a far sì che esso funzioni, sta nella fondamentale incompatibilità delle richieste dei contendenti. In particolare, Kiev chiede il ripristino dei confini del 1991, con Crimea e Donbass inclusi. Se prima dello scoppio della guerra le trattative diplomatiche avrebbero potuto sollevare dubbi in merito alle richieste della popolazione russofona del Donbass e negoziare le pretese di Mosca, oggi, è evidente a tutti che la situazione è andata ormai troppo oltre. L’effettiva occupazione russa dei territori contesi, cambia, ovviamente, le carte in tavola.  Considerare ancora la Crimea, russa dal 2015, come parte integrante del territorio nazionale non può che impedire sul nascere il parto di qualsiasi accordo di pace. D’altra parte, è indubbio che il riconoscimento delle votazioni di annessione del Donbass, nonché l’atto stesso di invasione nei confronti di uno stato sovrano rimangono realtà giustamente inaccettabili tanto per Kiev, quanto per i suoi alleati occidentali (Usa e Ue). Il risultato è un incredibile impasse diplomatico pagato al caro prezzo di vite umane. La minaccia nucleare, inoltre, rimane il vero baubau della politica internazionale di questi giorni. Il Cremlino ha proseguito nelle sue simulazioni di attacco nucleare vero Uk e Usa, mentre terribili sono state le parole di Biden, il quale ha parlato della possibilità di utilizzo della atomica in modo preventivo contro la Russia.  Eppure, nonostante la gravità della situazione, non sembra che nessuna voce in Europa, al di là del Papa e di qualche sparuto gruppo di intellettuali, si spenda attivamente per la pace. Di recente, Ursula von der Layen, Presidente della Commissione europea, ha garantito nuovi sostegni finanziari a Kiev, destinando altri 1,5 miliardi – per un totale di 18 miliardi dall’inizio del conflitto – a sostegno dello stato ucraino.

 

Daniele De Camillis

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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