Negoziati falliti fra Nato e Russia. Il fantasma di una guerra europea.

«Ci troviamo davanti al più grande rischio di guerra in Europa degli ultimi 30 anni» così esprime la sua preoccupazione il ministro degli affari esteri polacco, Zbigniew Rau, durante il suo discorso d’inaugurazione della presidenza del Consiglio Permanente dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa). Il dialogo fra Mosca e i 30 paesi della Nato, capitanti dagli Usa, non sembra esser riuscito a risolvere la situazione. «Non è stata una discussione facile» ha commentato Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, definendo «molto serio e diretto» lo scambio della parti. Preoccupa, infatti, l’escalation militare russa ai confini con l’Ucraina.

Fallito il dialogo a Bruxelles, torna lo spettro della guerra in Europa, e l’Ucraina, terra del contendere rimane divisa in questo pericoloso tiro alla fune.

Gelo nelle trattative, caldi gli spiriti.

La tensione fra la Russia e la Nato non sembra destinata ad allentarsi, almeno per il momento. Il tentativo diplomatico avvenuto a Bruxelles questa settimana non ha riportato alcun significativo risultato, risolvendosi in un nulla di fatto. Reciproche le accuse di provocazioni: la Russia, infatti condanna l’atteggiamento espansivo e imperialistico degli alleati, rei di aver permesso, con la politica della porta aperta, a Kiev di avviare le preliminari procedure di adesione, mentre la Nato osserva preoccupata il concentrarsi di truppe russe al confine con l’Ucraina.

La proposta russa rimane la stessa: interrompere l’espansione orientale della Nato, riportando la situazione europea al pre-1997, con la garanzia che Kiev non verrà mai inserita all’interno del Patto Occidentale. Un’assicurazione che, invece, la Nato non sembra intenzionata a dare. «Nessun compromesso sui nostri principi fondanti» ha affermato il segretario generale, Jens Stoltenberg, il quale conferma il proseguimento della politica Open door, nonostante la minaccia russa. La Nato, afferma Wendy Sherman, inviata di Washington, «non si espande con la coercizione o la sovversione», quasi a sottolineare una differenza nei comportamenti con la Federazione Russa. Per tanto, secondo i paesi del patto, qualora Kiev avesse l’intenzione di andare avanti nel processo di adesione al patto atlantico, nessuno dovrebbe poter intromettersi, pena la lesione alla sovranità nazionale del paese. «Ogni Stato ha il diritto di decidere il proprio cammino e solo l’Ucraina può stabilire quando aderire alla Nato» ha chiarito Stoltenberg. Putin non è d’accordo. Mosca infatti ritiene l’Ucraina, e tutto l’est Europa, ancora territorio sottoposto alla propria influenza. Teme, come non mai, che l’allargamento del patto Atlantico alle proprie ex repubbliche sovietiche, possa spezzare questo legame e impoverire l’orbita russa, minacciandone i confini.

La grande Madre Russia e le sue aspettative: la libertà dei Paesi “orfani”

Da qui la richiesta di ritorno ad una situazione pre 1997, quasi a cancellare l’onta per il crollo della vecchia unione. Il Cremlino è ancora convinto di essere il leader di un unione, come era quella Sovietica, anche se privata dei suoi Soviet e della sua precedente ideologia. Emerge chiaro quindi una visione geopolitica che, ricalcando i vecchi modelli, ancora percepisce il mondo diviso in “blocchi” o “aree di influenza”. Il capo della diplomazia russa a Bruxelles Sergej Lavrov, ad esempio, ha parlato della Nato come «un progetto ideologico destinato a recuperare gli orfani del crollo del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica». Ritenendo dunque i paesi dell’est ancora come “orfani”, Putin richiama il suo Paese a riscoprire la propria maternità, da difendere ad ogni costo. La grande Madre Russia, a suo avviso, non può permettere che la Nato e l’influenza americana arrivi fino alle soglie di casa propria. Secca la risposta di un europarlamentare slovacco che, sentendo nella definizione di Lavrov tutto il peso di una pesante autoproclamata paternità, o maternità, della Russia, ha risposto così alla provocazione su Twitter: «Caro signor Lavrov non siamo orfani di chi in passato ci ha occupati. Siamo un paese libero di scegliere il proprio futuro».

L’Occidente riscopre la Nato. Putin ne frena le ambizioni.

Per Putin l’apparente debolezza dell’Occidente è un richiamo al rafforzamento delle proprie posizioni di potere, tanto nell’area asiatica, con il caso del Kazakistan, quanto in Europa, con l’Ucraina. Per questo la possibile adesione di Kiev alla Nato, portata avanti dal presidente Zelenski, è vista con il fumo negli occhi dal Cremlino. «È imperativo – ha affermato il viceministro Sergej Riabko – che l’Ucraina non possa mai, in nessun caso, entrare nella Nato.

Dal canto suo, è proprio l’operazione russa a risvegliare l’alleanza dal suo torpore. Solo poco tempo fa, il presidente francese Emmanuel Macron, non molto tempo fa, aveva definito «in stato di morte cerebrale» l’organizzazione internazionale, constatandone la sua inattività. Pochi, infatti, avrebbero ritenuto ancora necessario il mantenimento della vecchia alleanza, senza l’escalation militare in corso in est Europa. Ma proprio l’intervento russo in Ucraina e le mosse ardite del presidente Putin, hanno rivitalizzato il vigore del Patto Atlantico.

«Siamo uniti nella Nato – ha spiegato il capo dell’Alleanza, Stoltenberg – e pronti a difenderci a vicenda», mentre anche gli Usa si sono detti pronti a rispondere «sia sul fronte di nuovi negoziati – secondo le parole del consigliere per la sicurezza nazionale Usa Sullivan – che sulle misure necessarie e appropriate per difendere i nostri alleati, sostenere i nostri partner e rispondere con fermezza a qualsiasi aggressione».

Daniele De Camillis

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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