Ennesimo colpo alla libertà di stampa. Chiude l’ultimo giornale filodemocratico ad Hong Kong. Ad annunciarlo è la stessa testata giornalistica, che tramite la sua pagina Facebook, ha annunciato la triste notizia a seguito di un raid della polizia subito mercoledì scorso. La sede del giornale è stata perquisita da oltre 200 agenti alla ricerca di materiale giornalistico compromettente. Agli arresti ora si trovano ben sette persone, ree di collaborare, o di aver collaborato, con la rivista definita “sediziosa” dalle autorità cinesi. Fra i colpevoli figurano ben tre uomini e quattro donne, fra cui il precedente e l’attuale direttore del sito e la famosa cantante popolare Denise Ho.

Un giro di vite contro la libertà

Un giro di vite ai danni della libera stampa, che colpisce la seconda ed ultima rivista digitale pro-democratica ancora in azione nell’ex colonia britannica. Già nel corso di quest’anno infatti, sei mesi fa, la stessa sorte era toccata ad Apple Daily, rivista nota per la sua posizione critica verso la leadership cinese. Con il congelamento dei beni e la chiusura forzata della sua attività, nonché l’arresto del suo direttore Jimmy Lai, Stand News era rimasta, sino ad oggi, l’ultima voce libera e apertamente democratica della città. Infatti, dalla emanazione della legge sulla sicurezza nazionale, Pechino ha rafforzato il proprio dominio sul territorio reprimendone il dissenso. Nel 2020 il Comitato permanente del Congresso Nazionale del Popolo cinese,bypassando la legislatura locale, ha imposto ad Hong Kong, nuove misure di controllo. Il pretesto è stato quello di combattere il “terrorismo” e la “secessione”, prevenendo azioni “sediziose “in città al fine, come sempre, di garantire la sicurezza pubblica. La normativa, tuttavia, rimane poco chiara e aperta a possibili interpretazioni. Nel giro di un anno, la polizia ha ricevuto oltre 200 mila soffiate arrestando oltre 155 persone, ree di aver commesso reati contro la pubblica sicurezza. Così facendo, i procedimenti giudiziari, sono diventati una nuova pericolosissima arma in mano alla leadership cinese, usata indiscriminatamente contro le libertà democratiche rivendicate dai cittadini di Hong Kong.

La risposta degli Usa e la paura di Taiwan. L’illusione della politica “Una Cina due sistemi”

Il comportamento di Pechino, ai danni delle libertà democratiche dell’ex colonia britannica, dimostra chiaramente l’illusione di autonomia giuridica, in teoria garantita ad alcuni territori nazionali. Taiwan, dal canto suo, percepisce sempre di più il fiato di Pechino sul proprio collo e considera Hong Kong, ovviamente, come una finestra sul proprio futuro. Se la “provincia ribelle “dovesse tornare sotto il controllo della madre patria, come ardentemente desidererebbe Xi Jinping, l’isola dovrebbe dire addio a tutte le libertà democratiche acquisite nel tempo. Il sogno della “una Cina due sistemi” crolla di fronte alla realtà delle vicende continentali. Un sogno in frantumi, per chi ancora credeva nelle possibilità di convivenza con il dragone. Taipei rinnovando ufficialmente il suo sostegno agli abitanti di Hong Kong, ha sollecitato una presa di posizione più netta da parte della comunità internazionale. «Se le forze separatiste che chiedono l’indipendenza di Taiwan provocano, esercitano forza o addirittura superano una linea rossa, dovremo adottare un’azione drastica» ha risposto minacciosamente Ma Xiaoguang, portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan. Duro il commento degli Stati Uniti per voce del Segretario di Stato Antony Blinken: «Chiediamo alle autorità della Repubblica popolare cinese e di Hong Kong di cessare di prendere di mira i media liberi e indipendenti di Hong Kong e di rilasciare immediatamente quei giornalisti e dirigenti dei media che sono stati ingiustamente detenuti e accusati». «la libertà di espressione – tuona Blinken- compresa la libertà di stampa e l’accesso ad informazioni fornite da media indipendenti sono cruciali per società prospere e sicure. Un governo fiducioso che non ha paura della verità abbraccia una stampa libera» in questo modo, conclude il segretario di Stato «la Cina e le autorità locali minano la credibilità e la redditività di Hong Kong». La risposta di Pechino non si è fatta aspettare. In un briefing Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha parlato di «forse esterne» che sfruttano «il pretesto della libertà dei media»facendo «commenti irresponsabili sulle forze dell’ordine a Hong Kong». «Questo comportamento – ha aggiunto il funzionario- confonde completamente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e trae in inganno l’opinione pubblica». A dirsi preoccupato per la situazione è anche, ovviamente, il Comitato per la protezione dei giornalisti. Steven Butler, coordinatore del programma per l’Asia, ha definito «a brandelli» la libera espressione e opinione di Hong Kong, definito la nuova legge per la sicurezza un vero e proprio «assalto aperto» alla libertà di stampa.

Il vicedirettore della rivista, Chan, ora agli arresti, è anche presidente della Hong Kong Journalists Association (HkJa). Il giorno avanti alla retata, ospitando la cena annualedell’associazione, ha sottolineato l’importanza, per tutta la cittadinanza, di aver soddisfatto il proprio «bisogno di verità»promettendo, per il bene di Hong Kong, che nonostante le difficoltà «l’Associazione dei giornalisti di Hong Kong non cadrà»

 

Daniele De Camillis

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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