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L’Italia è arte di arrangiarsi, si sa! E nel corso dei secoli ciò ha affinato certamente la creatività e la fantasia del popolo italico. Tutti i lavori senza certezza, fomentati dall’abolizione dell’articolo 18 di renziana memoria, hanno generato una situazione di cottimo che non si vedeva dalla rivoluzione industriale. Durante la pandemia tutto ciò si è acuito e l’esercito delle partite Iva “finte” è emerso; accanto a loro un altro esercito, quello dei riders, una volta si diceva fattorino ma era un’altra cosa, poteva avere la fortuna di un inquadramento e dei contributi pagati; oggi i riders sono stranieri e italiani, giovani e non più giovani, padri di famiglia e operatori della cultura che per mangiare scorrazzano su biciclette, motorini, automobili se sono fortunati, comunque sempre su mezzi propri e consegnano , consegnano e  consegnano tutto ciò che qualcun altro ordina. Ammirevole la capacità di reinventarsi, stimabile la buona volontà ma i nuovi paria sono inaccettabili in una società civile. Tutti i “finti“ dipendenti non possono ammalarsi, non hanno cassa integrazione, non hanno contributi. In questo esercito ci sono potenzialità culturali e produttive che il Paese perde e di conseguenza anche l’economia nazionale.

Il rider del negozio di vicinato è meno vittima, contribuisce insieme al piccolo commerciante alla sopravvivenza propria e del suo datore di lavoro e durante la pandemia, giustamente, la consegna a domicilio è stata la soluzione più corretta e lungimirante; ben diversa è la situazione del rider dei colossi delle app per le ordinazioni, come le multinazionali Deliveroo, Glovo, Uber Eats, Just Eat dove sullo sfruttamento vero e proprio di un essere umano, l’azienda si ingrassa e si arricchisce non condividendo il successo con i suoi dipendenti, a tutti gli effetti si tratta di un capitalismo ingordo e schiavista. L’indignazione per questo stato di cose ha fatto sì che sia stato recentemente siglato e introdotto nel mondo del lavoro il contratto dei riders 2021, nato dopo tante discussioni per disciplinare e regolamentare il lavoro di coloro che effettuano consegne a domicilio per le piattaforme di food delivery. Deve essere riconosciuto un compenso orario minimo di 10 euro e se un rider in un’ora fa consegne per un pagamento inferiore ai 10 euro, le app compensano la somma mancante. Nelle zone o città di nuova apertura, le piattaforme devono garantire un minimo di 7 euro all’ora per i primi quattro mesi anche senza ordini ed è previsto un aumento del 10% se si lavora di notte, nei festivi o in condizioni di maltempo. Per quanto riguarda il capitolo malattie e infortuni, il contratto riders 2021 prevede coperture Inail contro gli infortuni e polizze per il danno contro terzi. Nessun riferimento ai giorni di ferie per i riders: l’intesa sul contratto riders 2021 non prevede ferie, nè maternità. Stando, infine, a quanto stabilito dall’intesa siglata sul contratto riders 2021, insieme al compenso minimo orario è previsto il pagamento di Tfr, contributi per la pensione Inps e contributi per la disoccupazione.

Un primo passo verso quello che secoli di lotta dei lavoratori aveva stabilito e che l’era digitale ha bellamente ignorato e calpestato.

A proposito di era digitale, però, c’è un aspetto positivo: la possibilità di cercare ed offrire lavoro tramite i social. Un caso positivo è quello del gruppo Cerco e Offro Lavoro di Alessandria, nato il 25 ottobre 2014, quindi antesignano per il genere, conta ad oggi ben 19938 membri. Le domande e le offerte coprono tutti i settori, dal privato per una prestazione di servizio una tantum alla grande azienda che offre impiego. Le fasce di età sono estese dai più giovani in cerca del primo lavoretto ai pensionati che offrono la propria esperienza. La caratteristica del gruppo è l’attività tra i membri con consigli, a volte con parole di conforto, avvisi su annunci ingannatori. Unica regola: l’annuncio deve essere postato non si può essere contattati in privato. Questa realtà social va sicuramente nella giusta direzione e lo strumento social è diretto, immediato e supera la burocrazia delle agenzie per il lavoro.

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"