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La liberalizzazione della marijuana in alcuni stati incide in maniera poco significativa sul volume del traffico di stupefacenti a livello internazionale

Intervista al professore di Criminologia all’Università di Oxford, Federico Varese, uno dei maggiori esperti di mafia al mondo. Il Messico è il fulcro ma in Italia l’inflfl uenza del potere mafioso sul territorio è radicata da decenni

Dall’inizio del 2014 ci sono stati importanti avvenimenti nell’ambito della cosiddetta “war on drugs”, cioè l’iniziativa pluridecennale di contrasto al narcotraffico da parte degli Stati Uniti d’America. Il 22 febbraio 2014 soldati della marina messicana e agenti della DEA, l’agenzia statunitense di lotta al narcotraffico, hanno arrestato Joaquin “El Chapo” Guzman, boss del cartello di Sinaloa, una delle più potenti organizzazioni criminali del Messico. Il “piccolo”, com’è soprannominato per i suoi 1,68 m di altezza, controllava il 25% delle importazioni di marijuana, cocaina e metamfetamine negli USA e vantava un patrimonio personale di circa un miliardo di dollari (700 milioni di euro). Intanto, tra dicembre e gennaio l’Uruguay e gli stati americani del Colorado e di Washington hanno approvato normative che legalizzano e disciplinano il consumo, la produzione e la vendita di marijuana per fini ricreativi.
Mentre nello stato sudamericano e in quello di Washington si dovrà attendere almeno la seconda metà del 2014 per l’apertura dei primi negozi, nel Colorado tutto questo è già realtà dal primo di gennaio. In quella giornata migliaia di persone da tutta l’America hanno fatto la fila per ore al fine di acquistare un’oncia (se residenti dello stato) o un quarto (se provenienti da altri stati o nazioni) di marijuana.

 
Stefano Summa

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federico vareseFederico Varese, professore di Criminologia all’Università di Oxford e rinomato esperto di criminalità organizzata, ci ha aiutato a comprendere l’importanza di quanto è accaduto
nell’ambito del contrasto al narcotraffico internazionale.

 
L’arresto di “El Chapo” Guzman segna un punto di svolta nella “war on drugs” o si tratta di un semplice passaggio di consegne nel controllo del traffico di stupefacenti?
Non credo che si tratti di un momento sconvolgente, piuttosto di una parte del conflitto a livello locale tra il cartello di Sinaloa, ora indebolito, e gli altri gruppi, come per es. gli Zetas. Il vero problema è che la produzione di droga in Colombia e in Perù e il successivo trasporto negli Stati Uniti corrispondono a forti interessi radicati nel Messico, con importanti effetti sul resto dell’economia. Colpire i singoli boss non serve a nulla se non si va a intaccare le ragioni per cui esiste il narcotraffico e attraverso le quali esso prospera nelle comunità. Il punto centrale è che queste organizzazioni criminali sono diventate le istituzioni locali di riferimento, in grado di controllare in maniera capillare il territorio. Ciò va a discapito dello Stato, assente e spesso corrotto. Inoltre, indagini condotte negli Stati Uniti hanno dimostrato che, grazie ai profitti derivanti dalle loro attività illecite, il crimine organizzato messicano possiede ingentirisorse. Molte di esse sono state immesse nel circuito della finanza internazionale, creando effetti perversi. A proposito, Antonio Maria Costa (direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine dal 2002 al 2010, ndr) una volta affermò che nel 2008, nel pieno della crisi economica, i soldi dei narcotrafficanti salvarono le banche internazionali.

narcotraffico

 
Si può paragonare la situazione messicana a quella italiana?
Il caso del Messico è estremo. Dal 2006 a oggi sono morte più di 70.000 persone, numeri da guerra civile. Questo tasso così elevato di omicidi è dovuto al fatto che i vari clan stanno ancora lottando tra di loro per stabilire chi comanda in un certo territorio. In Italia, invece, le mafie hanno già affrontato questa fase cruenta. A contribuire alla cifra menzionata è stata anche la scelta errata del governo centrale di mandare l’esercito nelle aree di crisi. Ciò ha prodotto una certa quantità di vittime innocenti. Il volume di denaro che producono i cartelli messicani, grazie alla prossimità di un mercato come gli USA, è più consistente rispetto a quello delle nostre mafie, pur molto ricche. Tuttavia, un elemento comune tra di loro è la capacità di poter influenzare il tessuto politico, economico e sociale di una regione fino a sostituirsi allo Stato.

 
Come valuta la decisione di Uruguay, Colorado e Washington di legalizzare la marijuana? Sarà adottata anche in Italia?
Questa scelta avrà effetti dirompenti negli Stati Uniti e altrove. Innanzitutto, diventa in pratica impossibile mantenere intatta la war on drugs contro la marijuana quando un tuo stato la legalizza. Si verrà a creare un nuovo settore economico, redditizio per chi ne entra a far parte e per lo stato, che incassa soldi attraverso la tassazione dei proventi. Altri stati americani e politici locali si stanno adeguando a quanto avviene, altrettanto lo farà lo stato federale, che dovrà modificare alcune sue leggi ormai contraddittorie sul tema. Il progressivo indebolimento della repressione del consumo di marijuana non potrà che accadere anche in Europa. Già in Italia diverse regioni (Puglia, Toscana, Liguria, Veneto, Lombardia, Piemonte e Abruzzo) autorizzano l’uso della cannabis per scopi terapeutici. Inoltre, la recente abrogazione della Fini-Giovanardi da parte della Corte Costituzionale porterà a intraprendere la strada americana. Ci potrebbero essere ricadute positive sia dal punto di vista economico che da quello sociale (vedi la questione del sovraffollamento delle carceri).

 

La legalizzazione della marijuana può danneggiare il narcotraffico?
Non credo che tale provvedimento possa essere sufficiente per fermare il crimine organizzato. Piuttosto, lo Stato deve impegnarsi a vigilare attentamente sul governo dell’economia legale e sul sistema degli appalti. Bisogna creare un sistema giudiziario civile efficiente ed essere più trasparenti nelle decisioni amministrative. Infine, conviene tenere alta la cultura della legalità e dell’antimafia, come da anni fanno associazioni come Libera.

 
Stefano Summa

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eroinaNonostante le politiche repressive ed un controllo sempre maggiore da parte delle autorità internazionali, il traffico di droga in Europa rimane una questione da miliardi di euro l’anno, un grande mercato rifornito da più parti. La droga più diffusa in Europa è l’hashish, che viene prodotto in Marocco dalla resina della cannabis e fatto transitare attraverso la Spagna; nel 2011 ne sono state sequestrate 500 tonnellate nel corso di 350mila sequestri, Turchia inclusa. Discorso leggermente diverso per la marijuana, la pianta viene consumata soprattutto in Italia, Spagna, Albania e Grecia, dove grazie alle miti condizioni climatiche viene coltivata localmente: 150 tonnellate sequestrate in 440mila operazioni, il record dei sequestri spetta ai Paesi Bassi, Italia seconda. La crisi economica ha segnato anche il ritorno dell’eroina, che viene prodotta in Afghanistan e fatta transitare nei Balcani attraverso la Turchia, oppure fatta passare attraverso gli stati dell’Asia centrale, dove questa droga è tutt’ora una piaga sociale; un’altra via dell’eroina è quella africana, dove viene smerciata da spietati gangster nigeriani o rivoltosi del Corno d’Africa bisognosi di cocainafinanziare le loro guerre. L’eroina registra sequestri per 6,5 tonnellate, ma il dato è destinato a crescere vista la ripresa di questo mercato; in Italia la capitale dell’eroina è Perugia, spesso coinvolta in fatti di cronaca per reati connessi al traffico dai Balcani. La sostanza più redditizia per i narcos è la cocaina, che viene estratta dalle foglie di coca in Sudamerica e raggiunge ogni angolo della Terra via mare e via aereo. La cocaina registra un notevole calo nelle cifre dei sequestri, dato che segnala un “cambio di rotta” da parte dei trafficanti più che una diminuzione della domanda. Nel 2011 sono comunque state sequestrate 63 tonnellate di polvere bianca, 87mila operazioni per reati connessi al traffico di questa sostanza che una volta immessa sul mercato registra una forbice di prezzo tra i 50 ed i 100 euro il grammo: troppo per far desistere la malavita internazionale.

 
Nicolas Capra

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