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pire a varanasiQuattro mesi di vagabondaggio, sulle strade di India, Nepal, Israele e Giordania: un itinerario cult per un viaggio in perenne anteprima, le strade solcate dai sandali degli hippy negli anni Sessanta e Settanta vengono costantemente battute dai viaggiatori, non dai turisti, di mezzo mondo.
“Strade uguali per scopi diversi, ognuno cerca qualcosa: il come viaggi equivale al cosa cerchi”- a parlare è Daniele, l’autore del viaggio – “se vieni in India come fanno i russi, che visitano solo il sud del paese dividendosi tra hotel a cinque stelle e centri commerciali con aria condizionata, allora non hai capito niente” conclude con decisione.
Daniele è un fiume, mi limito a farmi trascinare dalla corrente: “sono arrivato in India, a Nuova Delhi, ad inizio ottobre: avevo un bagaglio di circa 20 kg, i documenti ed i miei risparmi, stop. Niente tour operator, niente volo di ritorno, niente pulmino dell’hotel ad attendermi fuori dal mastodontico aereoporto: bellissimo” e si allarga la mezzaluna sul suo volto “a Delhi sono rimasto solo un paio di giorni, troppo caotica; mi sono però concesso una visita al Taj Mahal, opera simbolo dell’India nonché una delle sette meraviglie del mondo: a seconda dell’ora del giorno in cui viene osservato il mausoleo assume una colorazione bianca, rosa o dorata”.
Nei giorni seguenti la trottola alessandrina si sposta verso nord, nelle regioni dell’Himachal Pradesh e dell’Uttaranchal, ai piedi del maestoso Himalaya “che infonde un timore reverenziale, come se un padre dal tetto del mondo t’invitasse e ti mettesse in guardia allo stesso tempo” dopo gli ultimi preparativi e qualche pantomima all’ambasciata nepalese il visto viene rilasciato: il binocolo inchioda Kathmandu.
“Il Nepal è il paese che più mi ha colpito, una valle incantata, polverosa in pianura e risplendente di verde man mano che si sale verso le prime nevi: gli sherpa nepalesi risalgono l’Himalaya come se fosse una collinetta, io non me la sentivo, non era quello che avevo in mente, così mi sono accontentato di un giro in bicicletta: 1000 km per le valli che attorniano la capitale”
È la svolta, il viaggio vero e proprio sta per iniziare; per vivere al meglio l’esperienza è fondamentale lasciarsi trascinare senza fare opposizione agli avvenimenti che il fato ci riserva, per sentirsi parte integrante di quello che ora è il tuo posto nel mondo.treno classe senza posto
“Durante la piacevole sfacchinata per i paesini di montagna pedalavo 50-80 km al giorno, mi godevo il paesaggio e pranzavo con abbondanti piatti di riso e verdure speziate, thè chai e frutta secca. Spesso la sera si faceva gruppo nei rifugi, una bevuta ed il profumo d’incenso ci accompagnavano dolcemente tra le braccia di Morfeo. Un giorno mentre pedalavo il cielo viene squarciato da un temporale improvviso, tipico delle zone montuose, sbaglio strada per la fretta e mi ritrovo presso la casa di un contadino: pensavo di ripararmi lì un paio d’ore, ci rimasi tre giorni! Il contadino e la sua famiglia fortunatamente parlavano un po’ d’inglese e mi hanno accolto in casa come un re, avevo addirittura una stanza tutta mia; mi raccontarono del monsone che spazza il continente, di come sia facile vedere un paese intero trascinato via dall’acqua: le piogge derivanti dai tifoni monsonici regolano la vita e la morte di queste popolazioni.” Il monsone è il vento caldo tipico dell’Oceano Indiano, due volte all’anno si abbatte sull’Asia con violenza distruttiva, tuttavia è fondamentale alla sviluppo delle colture e al reintegro delle riserve idriche.
Dopo la parentesi di Kathmandu, Daniele vaga per il Nepal: a piedi, in bus, in autostop o a dorso di elefante, la volontà di stare da soli, unita alla curiosità, sfocia nel soggiorno di dieci giorni in un ashram, un luogo di meditazione interdetto da ogni tipo di contatto con il mondo esterno:
“Dieci giorni di silenzio totale ed isolamento, non si poteva comunicare nemmeno con gli altri ospiti: la mia famiglia e la mia fidanzata si sono parecchio preoccupati nel non avere mie notizie, però ero immerso…” conclude con un sorriso intriso di nostalgia.
Dopo il ritiro spirituale, Daniele rimette lo zaino in spalla e varca il confine con l’India a piedi. “Non mi era mai successo, mi sono sentito un po’ uno scappato di casa!”, racconta. La tappa successiva è fondamentale: Varanasi, ex Benares, città sacra degli Induisti.
“Varanasi è la città sacra dei fedeli Indù nonché l’unico posto al mondo che permette di sfuggire al ciclo delle reincarnazioni: migliaia di persone vengono qua per un solo scopo: morire.
Morire a Varanasi significa spezzare il legame alla casta per sempre, dissolvendolo nel Gange; i cortei funebri che accompagnano il feretro al luogo di cremazione sono festosi e coloriti: lungo il fiume vengono bruciati corpi 24 ore su 24. Solo cinque eccezioni vengono risparmiate alle pire per motivi religiosi: i santoni sadhu, i lebbrosi, le donne incinte, i bambini sotto i 10 anni e le persone uccise dal veleno del cobra, animale sacro”.
La città, che viene descritta come una delle più affascinanti per l’India, presenta un paesaggio quasi spettrale: al di là del fiume non vi è traccia di costruzioni stabili, è come se la città finisse; un fumo biancastro pervade l’etere: proviene dal forno crematorio messo a disposizione dal comune per i poveri della città ed è in perenne funzione. Il viaggio prosegue verso sud, con alcuni accorgimenti: “io volevo proseguire sempre via terra, ma la regione dell’Orissa ha un triste primato: il traffico di organi, così ho preferito prendere un volo interno da Calcutta a Chennai, l’ex città coloniale di Madras, nella regione del Tamil”. Il Tamil ed il Kerala non soddisfano gli standard del viaggio scelto da Daniele, che giudica troppo industrializzata la prima, ed infestata dal turismo di massa la seconda: la bussola punta sempre verso il nord, la direzione della caotica Mumbai (ex Bombay) crocevia di uomini e traffici di qualunque tipo. Mumbai è un girone dantesco popolato da circa 14 milioni di anime, che arrivano a 21 nell’agglomerato urbano: 31mila abitanti per chilometro quadrato donano alla città il primato mondiale per la maggior densità abitativa. Schiere di visitatori si sono perse nelle viscere della grande Mumbai, tra le fumerie d’oppio del quartiere cinese ed i classici vicoli della periferia, dove neanche al sole è permesso uscire; la sconfinata industria cinematografica di Bollywood, che ha qui la sua sede, cozza violentemente con la cruda realtà degli slum, i quartieri fatiscenti nella quale vivono circa la metà degli abitanti della città, il nostro viaggiatore errante ci è stato: “esistono due tipi di slum: quello ufficiale e quello non; quelli ufficiali sorgono in prossimità dei cantieri edili: spesso gli operai sono immigrati e vivono con la famiglia presso il cantiere, attorno al quale si sviluppa un sottobosco di baracche che fornisce alcuni servizi utili anche agli abitanti dello slum ufficiale, dando al mondo l’ennesima dimostrazione di quella disperata forma d’amore che di solito chiamiamo istinto di sopravvivenza”.
Il visto per l’India sta per scadere, ma prima di fare ritorno in Italia Daniele si concede due ultime brevi tappe: toccata e fuga in Israele ed in Giordania.

spazzino fiumi allepeyUna curiosità su Israele, e sul cimitero ebraico: per venire seppelliti in Terra Santa, gli ebrei di tutto il mondo sborsano centinaia di migliaia di dollari, il motivo? Quando ci sarà il Giudizio Universale si avrà la precedenza su tutti. “I sepolcri ebraici sono blocchi di pietra spoglia, senza la foto del defunto e senza fiori, in segno di rispetto vengono deposte pietre, usanza tramandata dal tempo di Mosè, quando il popolo ebraico vagò per 40 anni nel deserto”. Esperienze contrastanti in Giordania: “Amman, la capitale arroccata sulle montagne, ed il sito archeologico di Petra non sono le uniche meraviglie del paese: in questo stato ho trovato gli esempi più limpidi dell’ospitalità araba, sono stato trattato sempre benissimo tranne in dogana, dove mi hanno svuotato con violenza i bagagli e mi hanno tempestato di domande sul perché del mio viaggio e su chi conosco in Giordania! Assurdo, per fortuna che in Israele non mi sono fatto timbrare il passaporto, avrei subito restrizioni e “gentilezze” maggiori da parte dei soldati della frontiera”.

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