MILANO (ITALPRESS) – Quando si parla di “pegno”, l’immaginario collettivo si sposta subito a immagini d’altri tempi: i Monti di Pietà, la scena di Totò in ‘Miseria e nobiltà’, con il cappotto impegnato per pochi spiccioli, il gesto di chi, in difficoltà, cede momentaneamente un bene per ottenere liquidità. Eppure, oggi più che mai, il pegno è uno strumento vitale per l’economia.
A dimostrarlo è il nuovo volume “Il pegno” di Vittorio Occorsio ed Elena Guardigli, uscito nel Commentario Schlesinger (ed. Lefebvre Giuffrè).
Si tratta di oltre 800 pagine fitte che analizzano ogni singolo aspetto dell’istituto, secondo la scansione degli articoli del Codice Civile e della Legge sul Pegno non Possessorio, e così facendo restituiscono al pegno tutta la sua attualità. L’opera racconta come questa forma di garanzia reale, disciplinata dal codice civile e da leggi speciali, non sia affatto un istituto polveroso, ma un pilastro della vita economica contemporanea. E lo fa con uno stile che tiene insieme l’analisi giuridica e la concretezza delle situazioni reali, parlando sia agli studiosi sia a chi, nel mondo delle imprese e delle banche, si confronta ogni giorno con la necessità di tutelare il credito.
Perché il pegno conta ancora? La risposta è semplice: senza garanzie, non c’è credito. E senza credito, non c’è crescita. Per le imprese, il pegno è la chiave per ottenere finanziamenti, spesso decisivi per lo sviluppo o per superare momenti di crisi. Dalla possibilità di impegnare azioni e quote societarie, fino al pegno su crediti, strumenti finanziari e beni aziendali, questa garanzia accompagna l’impresa moderna in tutte le sue fasi: dalla nascita di una start-up fino alla ristrutturazione di un’azienda in difficoltà.
Non a caso, il legislatore ha introdotto il cosiddetto pegno mobiliare non possessorio (d.l. 59/2016), che consente all’imprenditore di continuare a utilizzare i beni offerti in garanzia: un’innovazione fondamentale che concilia sicurezza per i creditori e operatività per chi fa impresa, che fa seguito alle normative degli anni ’90 sul pegno dei prosciutti e delle forme di Parmigiano.
Ma l’opera non dimentica i cittadini comuni. Accanto alle imprese, anche i privati ricorrono al pegno, spesso in silenzio, per far fronte a necessità improvvise: dal pagamento di una bolletta o di un affitto arretrato, fino alle spese mediche. Come dimostrano i dati OSCE e Istat, in un’Italia in cui milioni di persone vivono a rischio di povertà o esclusione sociale, il credito su pegno rappresenta ancora un’àncora di salvezza, una risposta rapida che evita il ricorso a canali pericolosi o usurari. L’analisi degli Autori illumina anche questo versante, troppo spesso trascurato, mostrando come dietro un istituto giuridico si nascondano storie di vita quotidiana, fatte di bisogni e dignità da preservare.
Da un lato, sofisticato strumento giuridico, con regole precise e complessi dibattiti dottrinali; dall’altro, leva economica e sociale concreta, capace di incidere sulle scelte di famiglie e imprese. Non un fossile del diritto, ma un meccanismo vivo, che si adatta ai tempi: basti pensare all’uso crescente delle nuove tecnologie, dalla dematerializzazione dei titoli al possibile impiego della blockchain.
La prefazione di Stefano Lucchini, capo delle relazioni esterne di Intesa Sanpaolo e presidente FEDUF, evidenzia bene questo aspetto: il pegno è uno strumento che accompagna tanto il mondo della finanza e dell’impresa quanto i cittadini comuni. E’ la garanzia che permette di trasformare beni in liquidità, sostenendo il tessuto produttivo e insieme proteggendo chi, senza altre alternative, vi ricorre.
Nel contesto attuale, in cui l’economia richiede flessibilità e il sistema finanziario chiede certezze, opere come questa aiutano a comprendere che il diritto non è una materia per addetti ai lavori, ma una infrastruttura fondamentale della vita collettiva. E’ questo lo spirito che attraversa il Commentario Schlesinger e che gli Autori hanno saputo tradurre in un libro che unisce rigore, utilità e visione.
– Foto Lefebvre Giuffrè –
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