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Ci attende una metà di luglio cinematografica tra roboanti avventure e supereroi, con Spider-Man: Far from Home, l’atteso sequel di Spider-Man: Homecoming, ventitreesimo prodotto targato Marvel. La storia riparte otto mesi dopo le vicissitudini di Avengers: Endgame di Anthony e Joe Russo, uscito quest’anno. In questo complicato intreccio di trame, sottotrame e sfondi narrativi a farla da padrone è, ancora una volta e come prevedibile, il personaggio di Peter Parker-Spider Man (ancora interpretato con verve e brillante capacità mimetica da Tom Holland), mentre una new entry assoluta è rappresentata da Jake Gyllenhaal nel ruolo di Quentin Beck-Mysterio. Il ritorno a scuola di Peter è difficoltoso, dopo gli ultimi, tragici eventi che hanno coinvolto gli Avengers. E’ in preparazione una gita scolastica in Europa, tra Venezia e Praga, ma l’adolescente-Uomo Ragno avrà a che fare con nuove e tremende prove, tra le quali far fronte ai pericolosi Elementali, venuti dal centro della Terra e aiutare Quentin Beck, eroe decisamente in crisi, a cavarsela. Senza dimenticare che la bellissima Michelle “MJ” Jones è ancora in attesa almeno di un cenno d’interesse… Il film di Jon Watts si sforza di tirare il più possibile in maniera accattivante (oramai principalmente per un pubblico di appassionati e affezionati) le fila di una narrazione “classica”, già ampiamente raccontata, rivisitata, aggiornata. Difficile dire qualcosa di nuovo, anzi, è inevitabile che ci si avvi verso un naturale epilogo; tuttavia, emozione ormai satura a parte, la solita parte “digital action” funziona, e in una pellicola come questa non ci si deve aspettare di più.

Brian De Palma (Carrie – Lo sguardo di Satana,1976, Vestito per uccidere 1980, Scarface,1983, Gli intoccabili,1987), prestigioso esponente di una “New Hollywood” invecchiata ma ancora incisiva e graffiante, ripropone con Domino i suoi storici cavalli di battaglia: il voyeurismo, la scopofilia, la riproduzione del reale, il beffardo conflitto tra le azioni frutto di riflessione e ragione e l’apparente casualità del fato. A sette anni da Passion – remake di Crime d’amour di Alain Corneau presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2012 – Domino si configura – nonostante la mano sempreverde del suo autore, come un’opera stanca, fiaccata dai travagli produttiv, dai pesanti tagli in fase di montaggio, da una debole sceneggiatura (scritta dal norvegese Petter Skavlan): si salvano le atmosfere hitchcockiane rafforzate dalla sempre efficace colonna sonora di Pino Donaggio, ma il plot è alquanto farraginoso. La vendetta di Christian (Nikolaj Coster-Waldau), detective in gara con l’agente della CIA Joe Martin (Guy Pearce) nella ricerca del pericoloso terrorista libico Ezra Tarzi (Eriq Ebouaney), è un piatto che si mangia freddo. La perdita di un collega e amico in campo durante una missione, l’etica e il dovere professionale vanno a cozzare contro i drammi e i sentimenti privati, all’interno di un rapporto irto di spine con la nuova compagna di missioni impossibili, Alex (Carice Van Houten, proveniente, come Nikolaj Coster-Waldau dal Il trono di spade). Un De Palma genialmente consueto, che sa ancora regalare emozioni al cardiopalma e riflessioni argutamente metacinematografiche, graffiando con le scene d’apertura e di chiusura. Peccato che la produzione, danese, non gli abbia permesso di fare di più.

Barbara Rossi