Terremoto politico in Gran Bretagna. Boris Johnson, premier del Regno Unito e leader del partito conservatore ha annunciato le sue dimissioni. «Lascio ma non avrei voluto farlo» commenta l’ex primo ministro durante il discorso alla nazione. «Nessuno è indispensabile, il nostro sistema darwiniano riuscirà a trovare un nuovo leader a cui darò tutto il mio sostegno» ha commentato il primo ministro.

Spetta ora al partito di maggioranza, i Tory, l’onere di selezionare un nuovo inquilino per Downing street. Nel frattempo, il leader dimissionario rimarrà in carica fino al prossimo ottobre.

Gli scandali e la rivolta dei ministri

La perdita della poltrona arriva per Boris Johnson a seguito delle numerose dimissioni richieste dai ministri del suo gabinetto. La serie di scandali in merito a nomine ambigue e feste private organizzate durante la pandemia – in pieno contrasto con le restrizioni vigenti – hanno fatto crollare la popolarità del primo ministro britannico, travolto dalla ribellione dei suoi stessi colleghi di partito.

Il sistema elettorale e costituzionale britannico, assai particolare, non consentirà nuove elezioni fino al 2024, ovvero l’anno di scadenza della legislatura. Il nuovo primo ministro sarà, nell’arco di tre mesi, selezionato dalle votazioni interne al partito di maggioranza, lo stesso del premier uscente, composto da circa 200mila iscritti e attivisti tory, in gran parte anziani, ricchi o benestanti. Nel frattempo, a capo del governo, resta il leader uscente, il quale ha nominato diversi ministri ad interim nel tentativo di sostituire i defezionati.

Tuttavia, c’è chi ha chiesto, come il leader del partito laburista, Sir Keir Starmer, insieme ed alcuni membri dello stesso partito Tory, l’immediata uscita di scena del premier Johnson e l’imposizione di un leader ad interim.

Adorazione ucraina, Odio russo

Mentre Boris rivendica i sedicenti successi della propria leadership, dall’economia alla politica estera, c’è chi piange e chi esulta per la fine della parabola del conservatore inglese. «Si è dimostrato un vero leader» ha affermato Mikhail Podolyak, consigliere e portavoce di Zelensky, «è stato il primo ad arrivare a Kiev, nonostante gli attacchi missilistici». In tutta l’Ucraina, si celebrano le gesta del primo ministro inglese, riconoscendo l’impegno profuso accanto al popolo ucraino per il proseguimento della guerra. Paragonato a Churchill per la sua ferma opposizione all’invasore russo, non si contano più le strade dedicate all’ormai ex-premier britannico, una per ogni città liberata. A Kiev, invece, l’artista pop Roman Bonchuk ha dedicato all’inquilino di Downing street una mostra di ritratti al museo storico. «La libertà dello spirito viene dal Creatore» è il titolo della mostra, dedicata a dipinti raffiguranti un Boris Johnson nei panni di Giovanna d’Arco e Padre della Cappella Sistina.

Diametralmente opposta, ovviamente, la reazione del mondo russo. Alla sintetica constatazione di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino che commenta «Lui non piace a noi e noi non piacciamo a lui», si accosta la velenosa constatazione di Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo: «il risultato logico dell’arroganza britannica e della sua politica incompetente in campo internazionale». Con una certa solennità, invece, Maria Zakharova, portavoce del ministro degli Esteri russo, commenta l’accaduto: «La morale della storia è: non cercare di distruggere la Russia. La Russia non può essere distrutta. Ti romperai i denti e poi morirai soffocato inghiottendoli».

Daniele De Camillis

 

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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