dialessandria.it - no photo
dialessandria.it - no photo

Questo weekend di fine luglio riporta nelle nostre sale l’action americano con cast in rosa multistellare, grazie a Ocean’s 8 di Gary Ross (Big, Hunger Games), anche sceneggiatore con Olivia Milch di questa nuova puntata della trilogia “caper movie” (particolare sottogenere del thriller dedicata al racconto di furti e “colpi grossi”) diretta da Steven Soderbergh tra il 2001 e il 2007 e, nel suo primo episodio, remake dell’omonimo film datato 1960. Debbie Ocean (Sandra Bullock), in carcere da cinque anni, progetta “il colpo del secolo”: rubare una preziosissima collana di Cartier nel corso del gala annuale del Metropolitan Museum. Per portare a termine l’ambizioso tentativo riunisce intorno a sé una banda tutta al femminile, composta da Lou (Cate Blanchett), Rose (Helena Bonham Carter), Daphne Kluger (Anne Hathaway), Palla Nove (Rihanna), Tammy (Sarah Paulson), Amita (Mindy Caling) e Constance (Awkwafina). Il film di Ross, pur sfoderando un buon ritmo narrativo, avventure, colpi di scena, una sceneggiatura argutamente costruita in chiave femminile e, per l’appunto, un cast di ottime e famosissime interpreti, non raggiunge il livello dei precedenti episodi della saga, limitandosi a rifletterli come uno specchio un po’ polveroso. L’idea, originaria, di un Ocean’s di sole donne, è buona, ma tra le intenzioni e il risultato passa un “oceano” di situazioni stereotipate, di focus mancati su snodi e personaggi cruciali. Si tratta, comunque, di un entertainment con i fiocchi, coinvolgente e autoironico (grazie soprattutto alla bravura delle interpreti).

Omicidio al Cairo, terzo film del regista svedese d’origine egiziana Tarik Saleh, premiato al Sundance Festival di Robert Redford e in questi giorni in seconda proiezione al cinema Macalle’ di Castelceriolo, si ispira a un fatto di cronaca accaduto al Cairo, poco prima dell’inizio della cosiddetta Primavera araba, nel gennaio del 2011. Noredin Mustafa (Fares Fares) è un detective corrotto della polizia egiziana, che – proprio nei giorni di tensione e fermento che animano Il Cairo poco prima della rivolta che ne cambierà i destini – si trova a investigare sull’omicidio di una famosa cantante, avvenuto all’interno di un lussuoso hotel e per il quale l’unica testimone è una cameriera sudanese senza permesso di soggiorno. Le sue ricerche lo porteranno a scoprire il legame segreto tra la vittima e un ricco imprenditore locale, membro del Parlamento. Tra atmosfere claustrofiche e scure, interni stroboscopici e allucinati, gli sguardi dolenti e rassegnati dell’investigatore decadente di Fares, Saleh racconta impietosamente la crisi e il marciume delle istituzioni di un intero Paese, a dispetto delle lotte per il cambiamento in costante immersione nella palude mefitica a cui ha dato vita un potere maligno e contorsionista, disposto per sopravvivere a mettere in atto il celeberrimo motto del Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.

Barbara Rossi

 

 

 

 

 

 

I