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Il weekend di Natale ci offre, cinematograficamente parlando, soprattutto film d’animazione e commedie leggere, come da tradizione nelle festività.
“Oceania” rappresenta l’ultimo prodotto Disney e propone una nuova, giovanissima eroina, Vaiana, esponente dell’antico popolo dei Maori, che abita – nel remoto passato di questo popolo – un’isola del Pacifico meridionale, insieme al padre e all’anziana nonna.
Vaiana è una principessa che rifiuta questo titolo: affascinata dalle storie leggendarie di viaggi e avventure che le racconta la nonna, vorrebbe scoprire la ragione per cui il suo popolo, sin dalle origini grande esploratore del mare, è diventato stanziale da più di un millennio.
Così Vaiana ritorna al mare degli antenati, ai rischi e allo splendore della navigazione, in compagnia di Maui, dio polinesiano in crisi d’identità, e HeiHei, galletto che ha perso la coscienza della propria natura: l’incontro con la forza e la terribilità degli elementi sarà un motivo di crescita e maturazione per tutti i personaggi, in particolar modo per la giovane donna.
I registi Ron Clements e John Musker, dopo essersi documentati su di una vasta mole di leggende e racconti degli antichi popoli del Pacifico, danno vita in computer graphics a una storia visivamente grandiosa, nello stile (anche come disegno delle figurine animate) di “Frozen” e degli ultimi successi commerciali, da “Zootropolis” a “Alla ricerca di Dory”; anche i contenuti e le modalità del racconto si distinguono per la loro originalità e per il messaggio che veicolano. Non abbiamo più a che fare – una svolta già acquisita alla Disney da un po’ di tempo e di film a questa parte – con regine e principesse sottomesse, inconsapevoli dei propri meriti e valore: al loro posto troviamo eroine intrepide e coraggiose ma non mitizzate, moderne figure del femminile che lottano per la propria emancipazione e vita senza il supporto di alcuna figura maschile accanto. Una bella evoluzione per le eroine disneyane, un ottimo film, divertente e coinvolgente, per il giorno di Natale.

Stephen Frears, il regista di “The Queen”, “Philomena” e “Lady Henderson presenta”, racconta con buona fedeltà all’originale la storia vera di Florence Foster Jenkins, la ricchissima e stonatissima appassionata di canto che nella New York del 1944 tentò la scalata ai templi canori più prestigiosi di Londra, arrivando ad esibirsi alla Carnegie Hall.
“Florence” è un film ben orchestrato a livello narrativo, che si avvale della presenza fisica e caratteriale dei tre attori protagonisti, dall’icona Meryl Streep nei panni di Florence al sornione Hugh Grant nel ruolo di St. Clair Bayfield, attore teatrale e suo manager, sino a Simon Helberg, il pianista e maestro di canto Cosmé McMoon.
Divertente commedia intessuta delle gaffes di Florence, come dei suoi improbabili assoli, “Florence” è anche un’agrodolce riflessione su estro e talento, su arte e finzione, su passione e affabulazione, meditazione franca, ironica ed estrema sulla necessità di rivelarsi al mondo per quello che si è o si sente di essere, al di là di ogni logica e prudenza.

Con “Fuga da Reuma Park” il trio comico italiano per eccellenza, rende omaggio al proprio sodalizio artistico, immaginando un’esilarante storia che li vede protagonisti in una casa di riposo milanese con l’aspetto di un luna park (il Reuma Park, appunto), dove i tre si incontrano di nuovo, alla vigilia di Natale del 2041.
Invecchiati, ma con lo stesso animo indomito e la verve comica di sempre, Aldo Giovanni e Giacomo mettono in atto una rocambolesca fuga dallo stravagante pensionato, in realtà vero e proprio luogo di prigionia per anziani indesiderati.
Tra scambi di ruolo, travestimenti, equivoci e colpi di scena i tre artisti ritroveranno il senso della loro vita e carriera, insieme alla libertà di scegliere e agire, anche in età avanzata.
“Fuga da Reuma Park” è una piccola commedia riuscita, sulla malinconia del tempo, sulle coincidenze della vita, sull’amicizia e l’arte che danno senso e nome al mondo. I tre registi-attori, coadiuvati dai ‘giovani’ Salvatore Ficarra e Valentino Picone, ritornano al meglio delle loro prove, regalando al pubblico un divertissement di gag, personaggi, macchiette rutilanti e azzeccati.
Commosso ma lieve l’omaggio di Aldo Giovanni e Giacomo alla loro Milano, la città dei cabaret e dei locali notturni che ha visto crescere e maturare il loro talento: «Ci siamo dentro a tutto tondo» – ammettono – «Se la nostra comicità abita nel surreale, questo film celebra il nostro mondo come nessun altro prima d’ora».

Barbara Rossi

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