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In questo primo, canicolare weekend di luglio, la programmazione cinematografica ci riserva, tra le altre, due pellicole piuttosto eterogenee come struttura, stile e tipo di narrazione. La prima è una commedia francese, opera prima del regista Patrick Cassir, che compone la sceneggiatura insieme a Camille Chamoux, l’attrice protagonista nei panni di Marion, imprimendo, quindi, alla storia un sigillo e un punto di vista prettamente femminili. Il risultato è godibilissimo: La prima vacanza non si scorda mai si interroga in maniera leggera, divertente, intelligente, su forza e natura dei legami – d’amore e d’amicizia – che una vacanza piuttosto avventurosa e imprevedibile come quella vissuta dai due “perfetti sconosciuti” Marion e Ben (Jonathan Coen), incontratisi grazie a una famosa app per incontri virtuali, può suggellare. La meta scelta per la famigerata prima vacanza in coppia, la Bulgaria, diventa nel film il teaser, il gancio narrativo da cui e attorno al quale si dipanano situazioni comicamente complicate, che per essere risolte hanno bisogno della nascita di uno sguardo autenticamente a due. La diversità dei caratteri e delle abitudini di vita di Ben e Marion rinforza e stimola, con il sorriso, la riflessione sulla fragilità, la bellezza, la difficoltà, la necessità, in definitiva, delle relazioni umane.

Nureyev – Il corvo bianco, dell’attore-regista inglese Ralph Fiennes (famoso per i molteplici ruoli cinematografici, da Schindler’s List di Spielberg, 1993, a Il paziente inglese di Anthony Minghella, 1996, sino alla saga di Harry Potter  e a quella di James Bond, oltre che per i suoi due primi lungometraggi, Coriolanus, 2011, e The Invisible Woman,2013) rappresenta l’ambizione realizzata dal suo autore dopo una ventina d’anni di riflessioni sulla possibilità di restituire sul grande schermo la vita e la carriera di uno tra i più greandi ballerini di tutti i tempi, Rudolf Nureyev. Presentata al Torino Film Festival nel 2018, in occasione degli ottant’anni dalla nascita del danzatore e dei venticinque dalla morte avvenuta a Parigi il 6 gennaio 1993, all’età di 55 anni, la pellicola adatta il romanzo di Julie Kavanagh Rudolf Nureyev: the Life, pubblicato nel 2007, ricostruendone l’avventura umana e artistica. Un biopic rigoroso ma non saccente, capace anche di aggirare le regole del genere, per mettere in luce la personalità innovativa, sfaccettata e complessa del “Corvo bianco”, l’artista che rivoluzionò la pratica della danza classica, tra l’altro conferendo maggiore importanza e prestigio alla figura maschile. Dall’infanzia nel paesino russo di Ufa, menbro di una famiglia poverissima, ai primi studi a Leningrado, all’Accademia del teatro Kirov, sotto l’egida di Alexander Pushkin (interpretato dallo stesso regista), sino al primo lavoro in Occidente, nella Parigi del 1961 in cui Nureyev decide di fermarsi, esule consapevole dalla propria patria; attraverso l’abile uso di flashback e flashforward, di ottimi interpreti (primo fra tutti il ballerino ucraino Oleg Ivenko), di puntuali e precise ambientazioni (San Pietroburgo, Parigi, ma anche la Serbia e la Croazia), Fiennes esalta l’istinto di libertà, il coraggio, l’anticonformismo, la tenacia di un artista che ha rappresentato una pietra miliare nel mondo del balletto. Un geniale danzatore, Nureyev, ma anche un uomo spesso contraddittorio e duro, in grado di anteporre la propria curiosità e il desiderio di non avere limiti ad ogni altra considerazione, affettiva o emotiva. Un simbolo, un monito per le giovani generazioni a non abdicare ai propri sogni.

Barbara Rossi