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Nell’ultimo weekend di luglio ci attendono in sala più che altro action movie, horror e film d’avventura, nella generale leggerezza e disimpegno delle proposte cinematografiche di questo periodo.
Paul Feig, attore, regista e produttore specializzato in commedie femminili spesso con protagonista Melissa McCarthy, una delle quattro interpreti di Ghostbusters 3D, presentato di recente al Giffoni Film Festival, ripropone il celebre tema, anche musicale, degli acchiappafantasmi.
La storia che nel 1984 sbancò i botteghini mondiali, per la regia di Ivan Reitman, forte del quartetto di comici provenienti dallo show televisivo “Saturday Night Live” (Bill Murray, Dan Aykroyd, Harold Ramis, Ernie Hudson), viene qui declinata da Feig in chiave femminile, ponendo al centro della scena una squadra di attrici-ghostbusters che svolgono il loro compito con eguale passione ma animate da uno spirito completamente differente.
Abby Yates ed Erin Gilbert (Kristen Wiig) in particolare, sono due donne in cerca di nuova affermazione e riscatto sociale, e due amiche che devono tornare a dialogare e a darsi reciproca fiducia: il film, comprendendo nel discorso anche i personaggi di Kate McKinnon (Jillian Holtzmann) e Leslie Jones (Patty Tolan), ruota intorno a questo nucleo femminile divertente, ma problematico e inquieto.
Un ottimo pretesto narrativo, insomma, quello della sempiterna caccia ai fantasmi che spadroneggiano a Manhattan, per parlare d’altro, e una buona regia, consapevole del rischio remake ma molto indipendente e originale nello stile.

La notte del giudizio – Election Year di James De Monaco è il terzo appuntamento, dopo La notte del giudizio e Anarchia, la notte del giudizio (girati tra il 2013 e il 2104) con la mitologia horror e futuribile di un’America orwelliana che è riuscita a dominare e circoscrivere gran parte dei propri conflitti sociali pagando, una volta l’anno, un costo inimmaginabile: una notte in cui lasciare libero sfogo a ogni genere di violenza e sopraffazione.
In quest’ultimo film l’ormai stabilizzato assunto della storia viene collocato (non a caso) sullo sfondo delle lotte intestine e degli intrighi per la campagna presidenziale americana, entro la quale la candidata senatrice Charlie Roan (Elizabeth Mitchell) lotta a fianco della sua guardia del corpo Leo Barnes (Frank Grillo, già protagonista del secondo film) per l’abolizione della barbara consuetudine e, in definitiva, per salvarsi la vita.
Come nelle precedenti pellicole De Monaco, al di là degli interrogativi morali e persino filosofici posti in essere dalla trama, schiaccia il pedale dell’acceleratore sulla rappresentazione della violenza, che in alcuni momenti diventa un po’ fine a stessa: un’involuzione forse inevitabile in un b-movie come questo.

La storia di Skiptrace – Missione Hong Kong di Renny Harlin si qualifica fin dalle prime inquadrature come un ulteriore buddy-movie, questa volta in co-produzione tra Stati Uniti e Cina, nel quale i due estremi del rapporto di amore-odio oscillano tra la figura dell’agente di polizia Benny (interpretato da uno stanco Jackie Chan, un tempo uno dei volti orientali più conosciuti e apprezzati per gli action-movie comici) e quella di Connor Watts (il popolare attore e presentatore, star del programma di MTV “Jackass”), piccolo truffatore e “aiutante” del primo nella spericolata ricerca di un pericoloso trafficante di Hong-Kong, detto “il Matador” per la sua vena sanguinaria.
Il film risulta, purtroppo, esile e sfilacciato a livello di sceneggiatura, punteggiato di luoghi comuni; la trama esile, deludente persino sotto il profilo della sinergia debole fra Chan e Watts.
Skiptrace – Missione Hong Kong può interessare forse solo a chi ha amato Jackie Chan e il suo modo di interpretare le arti marziali: per il resto, è una visione trascurabile, nella già deficitaria legenda cinematografica di luglio.

Barbara Rossi

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