Da diverso tempo si parla ed è tornata di prepotente attualità il tema divisivo della nuova riforma fiscale e all’interno della stessa della possibile modifica della curva dell’Irpef. Ma perché si parla di riforma IRPEF e di riforma fiscale? Perché l’Europa per darci i denari del Recovery Plan vuole che il nostro paese metta mano alle riforme che da anni stiamo aspettando e che puntualmente vengono disattese con danno incredibile allo stato di salute della nazione e con danni irreversibili per le casse del paese. Dunque sembrerebbe che sono attualmente in corso i lavori per questa riforma fiscale 2021, voluta dall’attuale governo. Ora Tra le misure ipotizzate dalla nuova e possibile riforma fiscale, una delle principali direzioni verso cui è diretta la stessa è quella di limitare fortemente l’evasione fiscale, che è nel nostro paese molto pervicace con l’applicazione di diverse soluzioni e/o ipotesi.

 

Nel nostro paese  l’evasione fiscale è a livelli veramente molto alti. Per contrastare l’evasione sono state messe approvate delle norme che sono in atto già da qualche anno, alcune mentre altre misure, sono state introdotte da poco come le più recenti: cash back di stato e lotteria degli scontrini.

 

Ora con l’approvazione del Recovery Plan del governo Draghi, sappiamo che alcune di queste misure forse non verranno rinnovate. Il cash back con molta probabilità terminerà la sua missione alla fine di quest’anno.

 

Da quando il tema della modifica del sistema fiscale è tornato prepotentemente alla ribalta dell’agenda politica, ormai da giorni non si parla d’altro con delle uscite estemporanee di qualche leder di partito cui fa da contrappunto l’uscita di qualcun altro magari della sponda opposta. La verità è che trattasi di una riforma veramente importante, di portata epocale se fatta con criterio e lungimiranza. Una cosa è certa. Con la nuova riforma fiscale verranno introdotti cambiamenti rilevanti soprattutto per la tassazione sui redditi da lavoro, e in particolare modo le ipotesi al momento più attendibili parlano di una riforma della curva dell’IRPEF, che è una delle principali imposte del nostro paese. Vediamo in breve cosa ci aspetta.

Irpef: come funziona attualmente

Prima di addentrarci possiamo dire che come anticipato sopra Il Recovery Plan dell’attuale governo Draghi va in diverse direzioni, in primis il tentativo di rilancio dell’economia ma anche e soprattutto per trovare soluzioni per l’uscita dal terribile momento di crisi economica che ha visto coinvolte moltissime attività di piccole e medie imprese e in tutti i settori. Proprio in questi giorni con il miglioramento della situazione pandemica c’è un allentamento delle misure restrittive, e questo ha portato anche in concomitanza con le riaperture, che saranno graduali, anche la possibilità per il governo di muoversi per riformare il fisco.

 

Al centro della nuova riforma sembrerebbe esserci l’IRPEF; ma che cos’è questa imposta? In questo momento è di fatto una delle tasse principali ma è anche una delle più odiate dagli italiani.  Come si applica attualmente. Diciamo che questa tassa si riferisce all’imposta cosiddetta “principale” il cui prelievo è oggi regolata dal testo unico delle imposte sui redditi, il cosiddetto Tuir emanato con DPR 22 dicembre 1986 n. 917.”

Tale imposta denominata appunto IRPEF altro non è che l’imposta sul reddito delle persone fisiche, abbreviata con l’acronimo IRPEF, ed è un’imposta di quelle denominata diretta, personale, progressiva e generale, che è in vigore da tantissimi anni nella Repubblica Italiana.

Tale imposta denominata IRPEF si applica su una moltitudine di redditi tutti, derivati dal lavoro, dipendente o autonomo. Dunque di fatto chi ha un’impresa versa questa tassa allo stato, quando in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, applica e liquida le imposte in base ad una percentuale, o più percentuali se in presenza di redditi alti, mentre invece chi ha redditi da lavoro perché dipendente subordinato vedrà decurtata la retribuzione, cifra relativa a questa tassa direttamente in busta paga.

L’imposta Irpef come detto si applica non solo sui redditi di lavoro subordinato o autonomo, ma anche sui redditi di impresa, i redditi di capitale e i redditi fondiari, dunque tutti i redditi, tranne quelli che arrivano dall’applicazione del Regime Forfetario, la cui imposta viene liquidata nel quadro LM.

Questa imposta essendo progressiva cioè viene calcolata con aliquote a salire e sempre più alte sull’ammontare del reddito, ed è molto invisa ai nostri connazionali. Sicuramente è unitamente all’Iva tra tutte le tasse presenti in Italia, quella che risulta forse la più evasa. Naturalmente il fisco che ha mille occhi si è accorto del problema e lo stato centrale da qualche anno cerca di limitare tale fenomeno.

 

Cosa si prospetta con la Riforma dell’Irpef di cui si sta parlando con applicazione di tre aliquote: ora le ipotesi sono diverse come gli scenari. Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto diverse volte ma ha prodotto poco o nulla. La tassazione sui redditi infatti nel tempo è stata più volta modificata, e le aliquote, ovvero le percentuali per cui ci applica, hanno subito svariate variazioni negli anni. Come detto nel comma precedente l’IRPEF è una tassa progressiva, ovvero è variabile in base al reddito. Con l’aumentare del reddito anche la tassazione corrispondente aumenta.

 

 

Ora con la nuova linea che si sta delineando In linea generale, questa riforma fiscale voluta dal governo attuale vorrebbe imporre una maggiore tassazione ai redditi più alti, per una maggiore equità fiscale verso quelli che hanno redditi decisamente e di gran lunga inferiori. In questo momento la curva dell’Irpef si basa su scaglioni di reddito differenti, in base al reddito complessivo annuale che sono cosi riassumibili:

 

  • Fino a 15.000 euro: aliquota al 23%;
  • Da 15.000 a 28.000 euro: aliquota al 27%;
  • Da 28.000 a 55.000 euro: aliquota al 38%;
  • Da 55.000 a 75.000 euro: aliquota al 41%;
  • Oltre 75.000 euro: aliquota al 43%.

Al momento come si può vedere le aliquote così suddivise sono cinque, mentre invece le ipotesi al vaglio degli esperti competenti ne sostengono una riorganizzazione riformulata magari rivista con tre sole aliquote. Naturalmente questa riforma dell’imposta Irpef a tre aliquote è solo una parte della più complessiva riforma fiscale, ma c’è da dire che è anche la più attesa dagli imprenditori italiani.

L’ipotesi a tre aliquote su cui gli esperti stanno lavorando prevede una rimodulazione della curva basati più o meno su questi importi:

  • Fino a 25.000 euro: aliquota al 23%;
  • Da 25.000 euro a 55.000 euro: aliquota al 33%;
  • Oltre i 55.000 euro: aliquota al 43%.

In questo modo si arriverebbe ad una nuova riorganizzazione dell’imposta che porterebbe ad una semplificazione della tassazione IRPEF, e ad un nuovo livellamento con l’eliminazione di alcune differenze presenti nella divisione a 5 aliquote.

 

Ma questa riforma Irpef a tre aliquote porterà se applicata a dei cambiamenti sostanziali?

Secondo gli esperti con la rimodulazione della curva e l’approvazione di una riforma IRPEF a tre aliquote porterebbe ad un maggior livellamento di alcune differenze sugli scaglioni di tassazione cosi come previsti attualmente e presenti fino ad oggi, avvantaggiando alcune fasce piuttosto che altre. Di sicuro come si può evincere l’aliquota più bassa, al 23%, verrebbe applicata ad un maggior numero di imprese, in quanto con l’eliminazione del primo scaglione fino a 15.000,00 previsto oggi si passa a 25.000,00.

Dunque in questo modo e in parole molto semplici, moltissimi contribuenti si vedrebbero abbassare le tasse, misura che sicuramente potrebbe essere ben accolta soprattutto dagli imprenditori titolari di piccole medie, imprese, che subirebbero così una minore pressione fiscale. Come conseguenza con questa modifica si avrebbe un primo importante cambiamento che potrebbe portare ad un ricalcolo dell’intero sistema economico, in quanto favorisce, secondo le intenzioni del governo, un aumento conseguente del Pil italiano, in quanto a maggior reddito corrisponde aumento della maggior capacità di spesa.

 

Dunque ne discende che i possibili obiettivi portati avanti da una riforma fiscale dell’IRPEF di questo tipo sono essenzialmente di tre tipologie:

1) Semplificare l’intera struttura fiscale, riducendo la curva della imposta Irpef da 5 a 3 aliquote;

2)Una riduzione o quanto meno una diminuzione della pressione fiscale: in tale modo si arriva con una ridistribuzione delle aliquote, che molte aziende, quelle soprattutto in primo luogo di piccole dimensioni potranno beneficiare del risparmio sull’Irpef; questo farà sì che disponendo di maggio reddito in automatico si tradurrebbe in aumento della capacitò di spesa dunque di aumento del Pil.

3)Un deciso miglioramento complessivo dell’economia su scala nazionale: un intervento di questo tipo che alleggerisce la riforma fiscale mette le aziende nella condizione di ricavare un risparmio utile alla ripresa e di poter competere maggiormente sul mercato interno ed estero.

Ma la riforma fiscale non è solo Irpef a tre aliquote

Infatti la riforma fiscale attualmente è ancora in fase di lavorazione; sicuramente ci vorrà ancora del tempo e che bisognerà ancora aspettare per un’attuazione concreta e definitiva. E’ la riforma dell’Irpef, con la probabile introduzione di un sistema a tre aliquote, è solo uno dei punti ma c’è ancora dell’altro, molto altro.

Infatti la nuova riforma fiscale guarda ai paesi del nord Europa, cioè si vuole ispirare alle norme in vigore in questi paesi, alleggerendo il carico fiscale sulle persone fisiche per una maggiore, migliore ridistribuzione  dello stesso con minore pressione del fisco in senso più generale.

 

Infatti per chi ancora non lo sa il nostro paese è uno dei paesi con un maggior numero di Partite Iva nel panorama Europeo, e tale riforma del fisco se portata avanti, a termine, andrà ad impattare su un grande numero di imprese, dunque a pioggia su molti lavoratori. Per quanto riguarda le Partite Iva, si sta pensando di modificare l’impianto dell’attuale regime agevolato forfettario, che al momento ha una aliquota di tassazione molto bassa.

 

Infatti per questo tipo di Partita Iva, cioè quello previsto per il regime forfetario, soprattutto per i primi 5 anni di lavoro autonomo, è quasi esente dalla tassazione. L’aliquota prevista per chi ha i requisiti start up è di appena il 5% fino all’importo fi fatturato di € 65.000,00 e date le marcate differenze con gli altri tipi di Partite Iva, si vuole modificare la percentuale di tassazione. Inoltre, come detto in questo articolo si propone un nuovo sistema di prelievo fiscale per le partite Iva.

Tale proposta in questo caso arriva direttamente dall’Agenzia delle Entrate, che attraverso un intervento  diretto ipotizza un prelievo della percentuale di tasse direttamente dal conto corrente del titolare di Partita Iva, in base all’effettiva liquidità detenuta dall’impresa sul conto. Però si tratta si tratta solamente di una proposta, vedremo gli sviluppi futuri di tali importanti iniziative e le modifiche o conferme che arriveranno.

 

Per concludere e per far capire ai lettori quanto è importante tale riforma fiscale basta citare quanto accaduto qualche giorno fa: infatti il fisco continua a essere protagonista nelle discussioni politiche, anche in occasione della presentazione del decreto Sostegni bis. D’altronde, come si sa la legge-delega per la riforma del Fisco è attesa per il mese di luglio. Ma una cosa, anzi due, appaiono certe

1)non ci sarà la flat- tax

2) la tassa sull’eredità.

 

Infatti sappiamo che la tassa piatta è uno dei cavalli di battaglia della Lega, cosi come la tassa sull’eredità è una novità proposta dal segretario del PD Enrico Letta. Ma Il Presidente del Consiglio Draghi, nel suo intervento di presentazione del decreto ha bocciato argomentando entrambe le proposte, ma per due motivi ben diversi.

 

Il leader della lega Salvini riprova a proporre la flat tax: la famosa tassa piatta il suo obiettivo finale. Da sempre propone l’introduzione di una tassazione unica al 15%. Ma facciamo un po’ di corni-storia: secondo il piano originario, la flat tax prevedeva due step:

 

1)il primo, ancora attualmente in vigore, con l’aliquota al 15% per ricavi e compensi fino a 65.000 euro;

2)il secondo, che finora non ha mai visto la luce dunque mai attuato, con l’aliquota al 20% per ricavi e compensi fino a 100.000 euro.

Il secondo passaggio cioè quello di cui al punto 2 non è mai stato realizzato: l’alleanza al Governo Lega-Movimento 5 Stelle fu interrotta proprio da Salvini.

 

Nel documento contenente le proposte della Lega nell’ambito della riforma fiscale si legge che:

 

“la Lega Salvini Premier vede nel passaggio a una imposta di tipo flat tax sui redditi la misura decisiva per snellire e semplificare il sistema”

 

Il Presidente Draghi però ha più volte sottolineato e ripetuto come la riforma fiscale quella che sarà approvata,dovrà salvaguardare il principio di progressività del prelievo, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, per il quale banalmente chi più ha, paga di più (non solo in maniera progressiva, ma anche in modo proporzionale). È chiaro quindi che la riforma che ha in mente Draghi, delineata nei parametri sanciti dalla Costituzione, va in netto contrasto per definizione con la flat tax, che invece prevede una tassazione con aliquota uguale per tutti.

 

A essere stata bocciata non è solo la proposta di Salvini: infatti anche la proposta avanzata da Letta segretario del PD incentrata sulla possibilità di approvare una norma per introdurre un aumento della tassa sulle successioni per importi superiori al milione di euro, dunque un’altra tassa sull’eredità ha trovato il no secco di Draghi.

 

Ricordiamo che la proposta avanzata è la seguente: aumento della tassa di successione per i patrimoni sopra il milione di euro, così da riconoscere un bonus di 10.000 euro ai 18enni. Perché se da un lato è vero che la pandemia ha acuito le distanze sociali, per Draghi non è introducendo una norma concepita tramite una patrimoniale leggermente mascherata che si può colmare la distanza.

 

Inoltre, nella conferenza stampa di presentazione del decreto Sostegni bis, Draghi ha ribadito che in questo momento da cui faticosamente stiamo tendando di uscire, non è il caso di “prendere soldi dai cittadini ma di darli”.

Michele Minardi

 

 

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"