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Le prime tranches dei lavori sono assicurate dal decreto legge “Sblocca Italia”…  e poi?

Il professor Marco Ponti spiega quali sono gli interessi di politici e imprenditori

Il governo Renzi ha emanato a metà settembre 2014 il decreto legge n. 133, detto “Sblocca Italia”, contenente disposizioni “urgenti” riguardo a “la digitalizzazione, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e la ripresa delle attività produttive”. Una parte importante del decreto si occupa de “l’apertura dei cantieri” e “la realizzazione delle opere pubbliche”: ne sono state individuate 28, tra cui figura il Terzo Valico dei Giovi. Sono stati stanziati complessivamente 3.9 miliardi di euro, da distribuire tra il 2013 e il 2020. Al Terzo Valico, secondo il sito governativo www.passodopopasso.italia.it, sono stati assegnati 200 milioni. Dal 2003 fino a oggi, il finanziamento di quest’opera ha vissuto un iter travagliato, con fondi assegnati in un primo tempo, rimossi per altre esigenze contingenti e, successivamente, reinseriti nel giro anche di anni. Il primo lotto è coperto, il secondo lotto dovrebbe esserlo dal prossimo anno, sebbene alcuni lavori appartenenti a esso siano già iniziati. I lotti successivi (dal terzo fino al sesto) sono ancora senza soldi. Nonostante queste incertezze, il Cociv ha mantenuto ferma l’intenzione di avviare tutti i lavori previsti prima della scadenza della cantierabilità dell’opera, fissata al 30 giugno 2015. Per capire meglio questa situazione, abbiamo contattato Marco Ponti, Professore ordinario di Economia applicata al Politecnico di Milano ed esperto d’infrastrutture. Secondo Ponti, “i soggetti promotori [dell’opera, ndr], cioè costruttori, autorità locali e Stato, sono interessati a far partire i cantieri: se poi non si chiuderanno, a loro non importa, perché l’opera ha una durata tale che, anche se fossero disponibili tutti i finanziamenti, molti dei costruttori sarebbero fuori dalla scena”. Essi sarebbero comunque ripagati per quanto costruito. I politici, inoltre, sarebbero contenti di inaugurare cantieri senza dover rispondere dell’esito dell’opera. Il Cociv potrebbe addirittura aprire un contenzioso con lo Stato per chiedere il rimborso non solo dei “costi sorgenti” (le spese effettive) ma anche del “lucro cessante” (il normale guadagno connesso al rischio industriale, mancante in caso d’interruzione dell’opera). Per il professore, la mancanza di un vincolo stretto di spesa e di concorrenza per i lotti successivi potrebbe portare all’innalzamento del costo complessivo dell’opera, come avvenuto in passato (da 4.7 a 6.2 miliardi nel giro di 10 anni). Il peso economico ricadrebbe sulle spalle dei contribuenti, che pagherebbero “in maniera occulta, entrando il tutto nel grande calderone del deficit pubblico”. Un altro aspetto importante sottolineato da Ponti è la natura dei lotti, definiti “costruttivi non funzionali”. Si tratta di una distinzione reintrodotta nel 2009, la quale prevede che si possa avviare cantieri facenti parte di una grande opera, senza preoccuparsi della loro effettiva “funzionalità” nel caso d’interruzione improvvisa del progetto principale. Se con le autostrade è possibile fare la riconversione a lotti funzionali tramite raccordi con le strade già esistenti, lo stesso non si può fare con le ferrovie. In particolare, conclude Ponti, con il Terzo Valico, opera che “ha la logica di rendere i treni più pesanti con pendenze minori rispetto alle linee esistenti”.

Stefano Summa

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