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Il 16 Marzo 2016, il MIUR ha pubblicato un comunicato stampa nel quale si osservava l’intenzione, a partire da quest’anno, di inserire il teatro come materia scolastica, nelle scuole di ogni ordine e grado. In questo 2016 iniziato tragicamente per il mondo teatrale, segnato da suicidi di attori nel pieno delle forze e soffocato da anni ed anni di cattive riforme, questa è una notizia particolarmente gradita e ricca di possibilità. Da tempo ormai, il teatro è considerato un’attività extracurricolare facilmente evitabile, e nel peggiore dei casi un’imposizione vecchia e sofferta dai ragazzi, incapaci (perché non educati) di godere del piacere di un’opera rappresentata. Gli insegnanti, giustamente alle prese con il programma scolastico, spesso non trovano il tempo di far scoprire la magia del palcoscenico ai loro studenti, limitandosi a ciò che di teatrale propongono i libri di testo e le rassegne del Teatro Ragazzi.

La coscienza artistica della scuola é alla deriva, relegata all’interno di progetti didattici scarsamente presi in considerazione, o difesa a spada tratta da insegnanti “illuminati”, che raramente trovano seguito nei loro colleghi. Infatti, quello che serve é una vera e propria “rivoluzione”, che riporti in auge la fruizione e la formazione teatrale negli spettatori\attori di domani; e quale luogo migliore se non la scuola?

Il comunicato rilasciato dal Ministero dell’Istruzione sottolinea proprio l’aspetto sopraccitato, esaltando il valore pedagogico del teatro e gli aspetti più che positivi che esso ha sulla crescita dei ragazzi, compresi il contatto con l’altro, l’esperienza del proprio corpo e l’espressione libera dei propri sentimenti e vissuti personali. È evidente da parte del MIUR l’intenzione di sfruttare al massimo le qualità didattiche del metodo teatrale, coinvolgendo in toto gli spazi scolastici e il personale docente. Tuttavia, se si legge nel dettaglio il documento del Ministero, non mancano le contraddizioni e numerosi punti interrogativi.

Nel comunicato, alla voce “L’attività teatrale come parte integrante dell’offerta formativa”, si esplicita che le attività teatrali dovranno essere obbligatoriamente in linea con gli “obiettivi curricolari”, sottolineando che “È dunque il teatro che deve essere adattato alla scuola, e non viceversa”. Certi assunti suscitano in chi scrive molte domande e riflessioni. La “materia teatrale” gode di un’estrema flessibilità e versatilità, in grado di adattarsi a qualsiasi tipo di situazione, partecipanti e pubblico; da dove proviene quindi la necessità del Ministero di porre dei limiti a qualcosa che, di fatto, limiti non ha? In secondo luogo, l’indispensabile aderenza degli argomenti dei laboratori teatrali e degli spettacoli proposti alle scuole al programma scolastico è non solo limitante, ma svilente per tutta quella gamma di lavori sperimentali che si allontanano dal teatro di prosa classico, ed esplorano nuove forme di espressione e di lavoro teatrale che innanzitutto “svecchiano” il Teatro, e lo rendono forse più vicino alle nuove generazioni.

Proseguendo con la lettura del documento, ci si imbatte spesso sulla totale libertà degli insegnanti di scegliere o meno di far frequentare l’attività teatrale ai ragazzi, o di farli incontrare con gli esperti del settore per eventuali approfondimenti. Un’ulteriore critica al documento presentato é la presunta attività di formazione degli insegnanti ad opera di esperti teatrali; perché non lasciare la conduzione dei lavori ai formatori stessi, proponendo un’alternativa alla disoccupazione dei lavoranti dello spettacolo e offrendo ai fruitori un’esperienza completa e puntuale?
Il progetto del MIUR è interessante, ma risulta agli occhi della “gente di mestiere” teatrale l’ennesima proposta ambigua e potenzialmente deleteria. Non resta che aspettare, sostenendo come sempre la potenza del teatro come collante sociale e preziosa occasione di crescita, per adulti e ragazzi.

Giulia Maino

 

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