MILANO (ITALPRESS) – “Noi non cresciamo da 30 anni e la produttività non sale addirittura dal 1970, la maggior parte della nostra crescita è a debito ed è una questione strutturale del nostro sistema economico, che non ha saputo adeguarsi ai tempi. Nel libro analizziamo le ragioni di questa situazione, sia quelle economiche che socio-politiche, e suggeriamo delle ricette per uscire dall’impasse”. Lo afferma Pietro Senaldi, condirettore di Libero, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, in merito al libro “Sveglia! Le bugie che ci impoveriscono, le verità che ci arricchiscono”, edito da Marsilio e scritto in collaborazione con Giorgio Merli, esperto di strategie e organizzazioni industriali. Per Senaldi “gli italiani sono anestetizzati da decenni di ideologia e la politica non riesce a fare marcia indietro rispetto alle finte verità che ha spacciato”.
Spiega il condirettore di Libero: “In Italia i salari sono bassi, ma riflettono il valore dei beni e servizi che produciamo. Siamo 12esimi come salari in Europa perché la nostra produttività è al 12° posto in Europa, c’è una corrispondenza perfetta. Per aumentarli non servono le leggi che calano dall’alto. Il Giappone, che è un’economia molto in crisi, ha aumentato i salari del 5%, nel giro di 3-4 mesi è aumentata l’inflazione del 5%. Quindi ha aumentato il suo debito senza avere effetti. I salari sono il frutto di un’economia che funziona e del margine che le aziende riescono a fare su quello che vendono. Più margine riescono a fare, più sono alti i salari. Il valore aggiunto italiano è basso, non per colpa degli italiani, perché se vanno all’estero vengono pagati bene, ma per colpa dei beni e dei servizi che produciamo”.
“I nostri 2 principali partner europei, la Germania e la Francia, sono in crisi, una economica e l’altra politico-istituzionale, quindi è come se fosse entrata una safety-car e adesso possiamo recuperare. Siamo stati bravissimi, perché usciremo dalla procedura di infrazione, ma questa è una manovra un po’ difensiva. Stiamo perdendo 2-0, va bene continuare a mettere difensori, però ci vuole un attaccante se vuoi fare 2-2, serve la creatività, l’azzardo – sottolinea Senaldi – e mettere i soldi per finanziare aziende che ti possono dare uno sviluppo, non per aziende decotte. Ci vuole una scelta. Noi invece spargiamo i pochi soldi che abbiamo indistintamente”.
Per il condirettore di Libero c’è anche un problema di dimensioni delle aziende: “Le piccole e medie imprese italiane sono l’ossatura della nostra economia, ma ci sono rimaste solo quelle. Parte del declino industriale italiano è dovuto al fatto che non abbiamo saputo trattenere le grandi imprese, sono andate all’estero per ragioni fiscali, hanno venduto agli stranieri e non abbiamo saputo attrarre multinazionali. Le grandi aziende consentono investimenti e creano filiere e indotto anche per le piccole e medie imprese”.
Quindi, in generale, siamo in mezzo al guado tra ideologia e realtà, asfissiati da un debito pubblico che per l’89% va a finanziare la spesa corrente, e quindi il welfare. Dovremmo chiederci per prima cosa come aumentare il PIL, perché se aumentasse il PIL potremmo andare forse in pensione prima e sicuramente avere più soldi nella sanità”.
Riguardo al referendum sulla riforma della giustizia, il giornalista si augura che “vinca il sì, anche per dare un segnale. Che la giustizia abbia dei problemi è sotto gli occhi di tutti. Credo che vada de-ideologizzata e che la separazione delle carriere sia necessaria. C’è un problema di competenza che viene nascosto dall’ideologia. Non è una riforma politica, è una riforma che va verso l’efficienza del sistema”.
Infine, la guerra in Ucraina. Per Senaldi “bisogna trovare un punto di caduta, le opinioni pubbliche premono per porre fine alla guerra. E’ lo sport nazionale criticare l’Europa, e molte delle critiche sono fondate, ma sull’Ucraina il senso d’Occidente si è visto e questo secondo me è importante, in un mondo che va per blocchi. Adesso l’Europa deve trovare con gli Stati Uniti un senso comune d’Occidente. Poi la sfida sarà far diventare la Russia Occidente, e qui ognuno ha la sua idea. Secondo gli americani non va fatto, secondo noi europei un po’ di più. Secondo me la Russia è meglio averla amica che nemica. Con l’allora Unione Sovietica l’Occidente vinse la Guerra fredda, ma perse la pace”.
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