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“Pronto? Pierluigi? Sono Silvio. Ho una serata, ma una serata a cui non puoi dirmi di no!”
Bersani, stanco, risponde: “Silvio, lo sai, non sono mondano, hai sempre voglia di festeggiare, sono a dieta e ormai non ho più l’età per certe cose. Come ti invidio!”
Berlusconi incalza: “Pierluigi, cosa hai capito, ho detto basta a cene ad Arcore, bunga bunga e lap dance; ascolta, ho affittato il più grande teatro, collegamento unificato in diretta con tutte le reti Mediaset e Rai in prima serata; scenografia hollywoodiana, luci ed effetti speciali di Spielberg, io, te e Beppe che parliamo di politica per tre ore con il teatro tutto esaurito e milioni di telespettatori: programmi a larghe intese, economia, governo, maggioranza.”
Bersani si colora in viso e ritrova linfa: “Silvio, non c’è niente da fare, sei un genio della comunicazione. – titubante pensa a Grillo e chiede – hai convinto anche Beppe?”
Berlusconi con una gran risata: “Ma certamente sì, siamo noi tre i vincitori, quelli con più voti di tutti, il povero Mario neanche esiste più, ma dai, vedrai che sarà una serata memorabile. Allora, d’accordo, ci vediamo alle 20 fuori al teatro. Pierluigi, dimenticavo, vedi di truccarti un po’, altrimenti sembrerai a mio confronto il cugino abbronzato di Fassino”.
La serata inizia, Berlusconi al centro del palco, in doppiopetto a righe, sorriso smagliante, abbronzatura e capelli che più “Ken” di così non si può.
Bersani, vestito spezzato, radical chic color autunno, un velo di cerone e occhialini in mano per essere intellettuale, Grillo, capigliatura scapigliata, occhio fuori dall’orbita.
I tre parlano, parlano, parlano, si auto-incensano: “Perché il Paese senza di noi, non esiste” dice l’uno; “Siamo noi la politica, il futuro” dice l’altro e il terzo: “Larghe intese, non inciucio, larghe intese” “File di elettori alle urne – dicono in coro – voti, voti, milioni di voti”.
Parlano, parlano, parlano, a un certo punto si sente un rumore in platea, è l’uomo delle pulizie con un bambino: “Nonno, ma cosa fanno quei signori sul palcoscenico, se non c’è nessuno in teatro?”
E il nonno, con la scopa in mano, risponde: “Vedi, mio caro nipote, è dal 2013 che sono qui, non si sono accorti che nessuno li votava più e che il teatro era vuoto, sono un po’ picchiatelli ormai; io ogni sera vengo a chiudere il teatro e la mattina vengo a riaprirlo, loro sono sempre lì a parlare, parlare, parlare”
E il bambino: “Ma siamo nel 2020, nonno, come è possibile?” “Vedi caro, il potere annebbia il cervello e non ti fa vedere più la realtà, a quei signori è successo questo, tanto tempo fa”.

 

Fara Dibba

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