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Terra! Terra! La costa brulla, illuminata da una luce abbacinante, e il vento caldo che profuma di spezie accolgono gli emigranti del barcone; sono tanti, sono quasi mille. Vengono dallo stivale Italia; in fretta hanno liberato i palazzi, hanno fatto le valigie e, scortati dal popolo, sono arrivati in Sicilia e si sono imbarcati. Come novelli garibaldini, sono destinati ad andare a cercare fortuna in Africa. Non devono liberare nessuna nazione perché è la nazione Italia che si è liberata di loro.
Sono fortunati, sanno nuotare, quindi, in prossimità della spiaggia, tutti scendono in acqua e, dopo qualche bracciata, raggiungono la riva. Sono bagnati ma non fa freddo, s’incamminano verso l’interno della costa, tra dune e bassa vegetazione; arbusti variegati lambiscono i lati del sentiero. In una radura scorgono dei tucul, le tipiche case con il tetto di paglia: è un villaggio. Le donne stanno cucinando all’aperto, i bambini giocano urlanti e gli anziani seduti all’ombra stanno fumando. Sorridono ai mille e offrono loro del tè caldo. Con semplicità, chiedono loro se vogliono rimanere lì o se sono intenzionati a proseguire. I mille, spaesati e indecisi, valutano che forse conviene loro restare, così possono mangiare.
Il saggio del villaggio accoglie gli stranieri con gioia e chiede loro soltanto di aiutare la sua gente nelle mansioni quotidiane. A un’emigrante viene chiesto di andare a prendere con le donne del villaggio le fascine per accendere il fuoco ma lei risponde: “Come si fa?”, a un uomo viene chiesto di andare a prendere l’acqua al pozzo ma risponde: “Non ce la faccio, non l’ho mai fatto”; a un altro viene chiesto di scuoiare un animale ma anche questi risponde: “Non so come si fa”; allora viene chiesto loro di zappare, estirpare le erbacce e curare le piante di ortaggi; gli emigranti, dopo cinque minuti di lavoro, dicono in coro: “Non ce la facciamo, non sappiamo come si fa, non abbiamo mai lavorato”. Il vecchio saggio li sente e, perplesso, chiede loro: “Cosa facevate in Italia per vivere?”
La risposta arriva pronta e con voce perentoria senza celare la vena di orgoglio, dicono: “Noi eravamo gli onorevoli e i senatori dell’Italia, eravamo tutti al Parlamento”, il saggio li guarda negli occhi e con voce calma e profonda dice loro: “Come facevate a comandare una nazione senza saper lavorare? Ora capisco perché siete qui. Imparate ad abbassare la schiena, a procacciarvi da mangiare, a garantire la sopravvivenza alla vostra famiglia e poi, soltanto allora, potrete tornare in Italia a guidare la nazione”.

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