Lo studio multicentrico HEARTS-IN-DYADS, promosso dal Centro Studi Ricerca delle Professioni Sanitarie DAIRI (CeRProS) diretto da Tatiana Bolgeo, fotografa una realtà chiara: in Italia i pazienti con cardiopatia coronarica presentano livelli di auto-medicazione (self-care) generalmente inadeguati, nonostante riferiscano una buona percezione di autoefficacia.

LO STUDIO – Condotto su 457 pazienti adulti con diagnosi di cardiopatia coronarica, arruolati in 5 ospedali italiani, lo studio ha valutato 3 aspetti fondamentali della gestione personale della malattia: mantenimento della salute, monitoraggio dei sintomi e gestione degli episodi acuti. Tutti e 3 i domìni hanno mostrato valori inferiori agli standard considerati adeguati dalla letteratura internazionale.
Lo studio ha inoltre identificato fattori associati a livelli più bassi di auto-medicazione: l’età più giovane e la percezione di un reddito insufficiente si legano a una minore aderenza ai comportamenti di gestione. Al contrario, pazienti con più disturbi concomitanti tendono a monitorare meglio i sintomi, mentre quelli con un maggior numero di stent impiantati mostrano una gestione più attenta degli episodi acuti.

I risultati sottolineano la necessità di percorsi educativi e di consulenza personalizzati, in grado di adattarsi alle caratteristiche cliniche e socioeconomiche dei pazienti. Non si tratta solo di trasmettere informazioni, ma di rafforzare la capacità reale di prendersi cura della propria salute, riducendo complicanze, migliorando la qualità di vita e contribuendo alla sostenibilità del sistema sanitario.
Lo studio HEARTS-IN-DYADS indica in modo chiaro la direzione su cui investire per costruire un’assistenza cardiologica più efficace, equa e centrata sul paziente.
