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“Flow duration entropy”: la compulsività in uno studio della Missouri University of Science and Technology

Non soltanto uso ossessivo del web ma patologie dell’umore conseguenti

Nel maggio 2012, la Missouri University of Science and Technology ha pubblicato un interessante studio che affrontava in maniera innovativa il rapporto tra l’utilizzo di Internet e l’espressione di comportamenti depressivi.
Diversamente da precedenti lavori sul tema, sono stati raccolti i dati di utilizzo della Rete dei 216 soggetti coinvolti (ai quali è stato sottoposto un test per identificare chi potesse esibire sintomi depressivi e chi no) alla fonte, monitorando cioè i modi di uso, le tempistiche e la quantità dei suddetti dati direttamente dai computer dell’università e non attraverso sondaggi, nel pieno rispetto della privacy.
Una volta analizzati i numerosi elementi a disposizione, gli scienziati hanno notato significative differenze nei valori presi in considerazione tra i gruppi di riferimento, con un consistente vantaggio numerico dei “depressivi” nei confronti dei “non depressivi”.
Tra le attività associate a un possibile peggioramento della salute mentale, sono state individuate l’accesso sproporzionato a siti di streaming e downloading, oltre che di visione di video e gaming, l’impiego frequente dei peer-to-peer, la presenza costante in servizi di chat, il controllo frenetico della casella di posta elettronica e, soprattutto, un’elevata “flow duration entropy”, cioè il grado di compulsività nel muoversi tra i vari servizi offerti dal Web, che può riflettere il tentativo disperato di trovare qualcosa che possa migliorare l’umore.

 

Stefano Summa

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