Pronto a rinnovare per la terza volta il mandato a capo del Partito Comunista, di durata decennale, Xi Jinping ha presentato la sua strategia politica al simposio tenutosi a Pechino alla fine del mese scorso. L’obiettivo, per Xi Jinping, è costruire un «moderno Paese socialista», presentando la sua stessa figura come quella del più grande statista cinese al pari di Mao.

Xi Jinping, il leader del “Celeste Impero”.

A tal fine, il leader cinese, nelle scorse settimane, ha promosso a ruoli chiave del partito e del governo suoi fidati subordinati, espandendo la propria autorità e garantendosi sostegno per l’imminente rielezione, prevista per questo autunno. «I ruoli cruciali che sovrintendono alla sicurezza, alla propaganda e all’economia saranno tutti controllati dagli uomini di Xi» ha dichiarato Alfred Wu, professore associato presso la Lee Kuan Yew School of Public Policy di Singapore, «Si sta preparando a rimanere al potere per un bel po’ di tempo».

La campagna di propaganda, affidata a persone fedeli a Xi, è stata particolarmente intensificata, e in tutto il paese ricorrono le celebrazione per i “successi” di quest’ultimo decennio di potere. «Lingxiu», termine reverenziale dal significato di leader” o “guida” è il termine preferito dai suoi principali luogotenenti che hanno chiesto ai membri del partito di giurare fedeltà alla figura di Xi Jinping, appellato come «weida lingxiu», ovvero “grande leader”, termine spesso associato allo stesso Mao Zedong. Alla richiesta delle gerarchie ha fatto da coro la propaganda dei media statali, pronti a acclamare Xi in qualità di «renmin lingxiu», “leader del popolo”, sostenendo perfino la possibilità di un conferimento ufficiale di tale titolo da parte del congresso.

Le critiche e le paure. Le debolezze del dragone

Tuttavia, l’immagine di Xi Jinping non è immune da pesanti critiche, anche interne al partito stesso. Non tutti hanno infatti condiviso le politiche ferree del leader del partito, finalizzate a combattere la pandemia di Covid iniziata quasi tre anni fa ed ancora in corso. I suoi celebri slogan, come la “prosperità comune”, la “doppia circolazione interna ed esterna” o la “autosufficienza” economica, ricordano ai più critici i motivi dei fallimenti economici del paese nell’ultimo anno. Un’economia, quella cinese, solida ma fortemente colpita dagli effetti delle misure anti-Covid, dalla guerra in Ucraina e soprattutto dalle politiche centraliste, imputabili a Xi Jinping, e dalle quali il leader cinese non sembra intenzionato a distaccarsi.

Durante la trimestrale riunione economica del Politburo – l’ufficio politico dirigenziale del partito – si è dovuto riconoscere il fallimento dell’obiettivo di crescita annuale autoimposto, pur ribadendo il proseguimento nell’appoggio delle politiche di regolamentazione delle aziende tecnologiche e della cosiddetta strategia “zero dinamico” anti-Covid. L’attivista democratico esule Wei Jingsheng, dagli Usa, tuttavia, ha definito tutt’altro che scontata la riconferma di Xi a leader del partito. «Il fatto che i media di regime dedichino poco spazio alla vicenda – fa notare Wei – suggerisce che nel Partito è in corso una lotta intestina».

 

 

Daniele De Camillis

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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