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Peter Del Monte è autore innovativo e rigoroso, per il quale si sono sprecati, da parte della critica, aggettivi talora maldestri e poco pertinenti. Eppure il regista è probabilmente il meno celebrato cineasta italiano che possa dirsi più autenticamente vicino ad una sensibilità cinematografica vicina agli sperimentatori della Nouvelle Vague.

D: Ma il fascino della sala buia?

R: Non pretendo di decretare la morte imminente del cinema in sala. I grandi film hollywoodiani come Avatar o Revenant ma anche La grande bellezza sono fatti e continueranno a essere fatti per essere visti al cinema. Ma dobbiamo trovare il modo di dare visibilità a un cinema piccolo, ma di valore, che cerca questa visibilità affannosamente e non sa come trovarla, ricordandoci che è in atto una guerra silenziosa con morti e dispersi.

D: Parliamo di “Compagna di viaggio”, che verrà proiettato venerdì 13 ottobre al Festival Adelio Ferrero. Un film che mi è piaciuto da sempre e che cito spesso a proposito della demenza. È la tua opera più conosciuta?

R: Forse è la più apprezzata. Rispetto alla demenza, stando sull’aneddotica, ricordo mentre discutevamo con Michel Piccoli, prima che accettasse, gli feci vedere due disegni di un mulino a vento fatto da un paziente con l’Alzheimer. Gli mostrai il disegno di un mulino a vento, fatto agli inizi della malattia, tutto ben definito e l’altro, a malattia conclamata, assolutamente sconclusionato nella logica razionale. E lui mi disse: “Faccio il film perché mi piace di più il secondo disegno, e credo anche a lei”.

D: Mi fai pensare a quest’affermazione di Theo Anghelopulos: “È vero, sono interessato solo alla tematica del viaggio, inteso come viaggio di conoscenza di se stesso e del mondo. Tutti i film che ho realizzato sono sul viaggio e si può dire che il mio cinema è un viaggio continuo, come se ogni film fosse il capitolo dello stesso film”.

R: Il cinema è sempre tante cose, non ha uno specifico. Certo tra le sue tante componenti quella del movimento è tra le dominanti. Sono tanti i film di viaggio che mi hanno affascinato… Aurora di Murnau, Cinque pezzi facili, Paesaggio nella nebbia, Professione reporter. Vedere un film è una esperienza molto simile al viaggio di un passeggero che guarda fuori il paesaggio attraverso il finestrino di un treno. (intervista a cura di Roberto Lasagna, Circolo del Cinema “Adelio Ferrero”)

Barbara Rossi