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In questo ultimo weekend di settembre vi raccontiamo due uscite cinematografiche di rilievo, che spaziano a tutto tondo fra mondi, geografie e immaginari differenti, per raccontare, ciascuna con il proprio stile le transizioni e i punti di snodo della Storia.

BlacKkKlansman di Spike Lee (due volte nominato agli Oscar: per 4 Little Girls e per la sceneggiatura di Fa’ la cosa giusta), affronta ancora una volta i temi del razzismo, della segregazione razziale, della distanza abissale tra la comunità africana e il resto dell’America, fulcro di una storia maledetta di cui il regista, graffiante e corrosivo come sempre, continua a ripercorrere le origini, dispiegandone le radici. Il film, tratto dal libro dell’ex poliziotto Ron Stallworth, “Black Klansman”, è stato presentato in concorso a Cannes la scorsa primavera e racconta la storia di cui Stallworth (John David Washington) fu protagonista, nella Denver degli anni 70′, insieme al collega ebreo Flip Zimmerman (Adam Driver), emblematica del clima di quegli anni. Appena assunto al dipartimento di polizia di Denver, Stallworth – inviato a seguire l’incontro con il leader delle lotte per i diritti degli afroamericani Stokey Carmichael – incontra Patrice (Laura Harrier), convinta sostenitrice del movimento black, e anche grazie a lei inizia un lungo cammino verso l’acquisizione di consapevolezza dei propri diritti umani. Dall’idea di infiltrarsi sotto mentite spoglie nella sezione locale del Ku Klux Klan, nasce la necessità, per Stallworth, di trovare un proprio alter-ego di pelle bianca che ne faccia le veci: sarà il collega Flip a prestarsi per la titanica impresa. Interamente giocato sul tema dello doppio in chiave black and white, ironico e autoironico – come nella miglior tradizione dei film di Spike Lee – nonostante la drammaticità dell’assunto, BlacKkKlansman è un film graffiante, energico, a tratti grottesco e spiazzante, che ferocemente si interroga su colpe, responsabilità, indifferenze e complicità che hanno lastricato il cammino di emancipazione degli afro-americani. In parte e volenterosi nel tratteggiare i loro personaggi, Washington e Driver in alcuni momenti sembrano non osare abbastanza. Siamo abbastanza lontani dalla fastidiosa incisività di Fa’ la cosa giusta, ma Spike Lee continua a difendersi bene con un modello di cinema molto personale, arrabbiato e potente.

Michelangelo-Infinito, film-documentario di Emanuele Imbucci – su iniziativa di Sky Cinema Arte – racconta, a mezza strada fra il cinema didattico e la docu-fiction, la vita, il genio, il sentimento artistico del grande scultore e pittore rinascimentale Michelangelo Buonarroti. “Prima di questo film, io conoscevo Giorgio Vasari così come lo si poteva studiare a scuola, tanto per avere un buon voto. Il film non solo invoglia ad andare a vedere le opere d’arte di Michelangelo, ma trasmette lo stupore di Vasari. Io sono ancora immerso in quello stupore e in quella meraviglia”, commenta Ivano Marescotti, che in Michelangelo-Infinito riveste il ruolo dell’artista, architetto e narratore Giorgio Vasari, che raccolse per i posteri le biografie degli scultori e pittori della sua epoca ne “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti italiani”. La pellicola, di grande rigore filologico – grazie alla collaborazione dei consulenti artistici dei Musei Vaticani e di Vincenzo Farinella, storico dell’arte rinascimentale – utilizza la tecnica di ripresa 3D per avvicinare lo spettatore agli ambienti, alle opere michelangiolesche, restituendone nitidezza e qualità di dettagli ineguagliabili. Immersi nei marmi monumentali – dalla Pietà al colossale David al ritratto del Papa Giulio II, sino all’ultima, decadente Pietà Rondanini conservata al Castello Sforzesco di Milano – come nella meraviglia delle pitture della volta della Cappella Sistina, ci viene offerta l’occasione di vivere un’esperienza estetica totalizzante, inedita, fin nel cuore dell’inarrivabile genio creativo e del tormento interiore del Buonarroti, che cercò sempre, in tutte le sue opere, persino nel non finito dell’ultima prova, l’essenzialità frutto dell’unione, mai del tutto realizzata, tra umano e divino. Ottimo Enrico Lo Verso nel ruolo di Michelangelo; stupendo interprete, maturo, intenso, appassionato come il genio cui presta corpo e voce.

Barbara Rossi