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Domenica è ripartita la stagione della caccia in Piemonte. Spesso i cacciatori, che sentiamo sparare nelle nostre campagne, si mascherano dietro a scuse come i danni all’agricoltura causati ad esempio dagli ungulati (cinghiali e caprioli) o da un numero incontrollato di animali che si starebbe riproducendo. Quelli che sono gli equilibri naturali, fra ripopolamenti, e successivi massacri, sempre per mano dell’uomo, vengono distrutti inesorabilmente.
Andrebbe ricordato che, per sopperire i danni causati dalla fauna selvatica, per legge, prima di ricorrere all’uccisione, è obbligatorio dimostrare l’inefficacia di mezzi ecologici come ad esempio le colture a perdere e le recizioni in fettuccia elettrificata.

Riteniamo che, oramai, l’approccio venatorio abbia ampiamente dimostrato la fallacia intrinseca, legata agli innumerevoli interessi che gravitano attorno e all’interno dell’ambiente stesso. Gli abbattimenti aumentano di anno in anno, ma con identica progressione aumentano anche i danni denunciati e liquidati dalle regioni. Inoltre è necessario prendere atto che il numero di cacciatori continua inesorabilmente a diminuire, il che porterà inevitabilmente, a doversi confrontare con innovativi e diversi sistemi di controllo della fauna selvatica.
Da anni la LAV è impegnata anche allo scopo di stimolare le amministrazioni verso la sperimentazione di nuovi approcci utili al controllo degli animali selvatici. L’inerzia della politica, unita a quella dei servizi, rendono il nostro costante impegno molto spesso del tutto vano.
All’estero, in particolare negli Stati Uniti, già da anni le popolazioni dei grandi erbivori vengono gestite mediante il controllo della fertilità, un metodo semplice che consente di raggiungere in breve tempo densità compatibili e contemperate alle attività antropiche.

Questa attività “sportiva”, che in realtà altro non causa se non l’impoverimento della biodiversità e del nostro ecosistema, è eticamente inaccettabile per la maggioranza degli italiani, poichè significa uccidere per divertimento.
E’ circa il 70% degli italiani (sondaggio Ipsos 2010), infatti, a dichiararsi contrario a questa pratica, e solo l’1% a dilettarsi in questo “sport”.
Ogni anno a causa della caccia vengono sterminati 100 milioni circa di animali, a bruciapelo o dopo giorni di agonia. Incalcolabili anche gli incidenti di caccia, che contano morti e feriti accidentali anche tra gli uomini, l’inquinamento acustico e ambientale (basti pensare alla quantità di piombo disseminato).

Nessuna pietà dunque per tortore, lepri, conigli, fagiani, gazze, tordi, cinghiali, caprioli, volpi e molti altri: più conveniente salvaguardare gli interessi di una lobby spesso protetta dalle classi politiche.

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