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Normalmente si ritiene che frequentare una persona ci aiuti a conoscerne la personalità, i gusti e i progetti futuri. Questa credenza è stata messa in discussione da uno studio basato sull’analisi dei “Mi piace” di Facebook, condotto da Wu Youyou (University of Cambridge), Michal Kosinski (Stanford University) e David Stillwell. La tesi del loro lavoro è suggestiva: i sistemi computerizzati, come il noto social network, sono scientificamente più precisi di un essere umano nel valutare aspetti di una determinata persona. Gli studiosi hanno preso in considerazione tre categorie per confermare quanto premesso.

Riguardo alla concordanza tra la visione di sé e quella fatta dagli altri (Self-Other Agreement), l’accuratezza di giudizio dei computer sbaraglia quella di colleghi, amici, conviventi e famigliari. A mano a mano che aumentano i “Mi piace” analizzati, i computer si avvicinano progressivamente al grado di conoscenza di un partner. Il loro vantaggio è la capacità di prevedere tratti della personalità difficilmente osservabili di persona. La convergenza di giudizio tra due soggetti (Interjudge Agreement), basata sull’assunto per cui essi, se d’accordo nel valutare una persona, sono più precisi di quelli che discordano, è molto più alta tra computer che tra esseri umani.

La validità dei giudizi su aspetti esterni alla personalità (External Validity), per es. i comportamenti nella vita reale e le prospettive future, ripresentano questa tendenza. I computer sovrastano gli uomini in ben dodici categorie su tredici, con la sola eccezione della “soddisfazione di vita”. In quattro casi (attività su Facebook, uso di sostanze inducenti dipendenza, campo di studio e orientamento politico), i sistemi informatici sono più precisi dello stesso soggetto interessato.

In conclusione, Youyou, Kosinski e Stillwell affermano che i computer possono sfruttare appieno l’opportunità di immagazzinare enormi quantità d’informazioni, diversamente dagli esseri umani. Esse sono utilizzate per generare algoritmi che ottimizzano l’accuratezza dei giudizi, senza subire l’influsso del pregiudizio umano. Tuttavia, la percezione umana offre chiavi di lettura del subconscio, che i sistemi computerizzati non possiedono. Non è escluso, però, che in futuro le macchine possano colmare questa mancanza.

Stefano Summa

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