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C’ era una volta; tanto tempo fa; uno sport che attirava milioni di persone in tutto il Mondo; facendo abbracciare tra loro gli sconosciuti e portando alle lacrime anche gli uomini più duri e forti: il calcio.

Questo “calcio” scandiva solenne le domeniche pomeriggio; intrattenendo e allietando gli appassionati; fornendo sufficiente materiale per le dispute della domenica sera al bar quando davanti a “90° minuto” si riviveva la gioia o il dolore della giornata appena trascorsa.

Gli eroi leggendari di quest’ antica usanza erano chiamate “bandiere”: codesti uomini erano l’ incarnazione dell’ amore dei tifosi verso la squadra; i capitani coraggiosi che avevano condotto la nave attraverso mille avversità; sfidando i venti ostili di calderoni ribollenti sparsi un po’ ovunque sulle terre emerse.

Durante la girandola domenicale degli incontri può capitare d’ imbattersi in curiosi incontri tra squadre della stessa zona geografica: il derby.

Il derby non è una partita.

Il derby è una battaglia; nel senso buono del termine ovviamente.

Una chiamata alle armi globale; in cui fattori come la classifica o gli obbiettivi stagionali non contano: è un campionato a parte composto da due sole partite incendiate dal primordiale e goliardico spirito delle tifoserie interessate.

Per un centinaio di anni circa il calcio attraversò; morbido come un tocco sotto; le domeniche degli sportivi; ma d’ un tratto qualcosa turbò l’ ambiente: era il drago cattivo! Era il denaro.

Il denaro iniziò ad ammorbare l’ ambiente; portando con sé piaghe letali come il doping e le scommesse; che rovinarono la vita a giovani belli e famosi come Carlo Petrini.

Dopo lo scandalo degli anni ’80 qualcuno finì in carcere; giustizia sembrava fatta e i tifosi perdonarono il calcio.

Nel 2006 la storia si ripete: 39 incontri incriminati; 6 società coinvolte; 9 dirigenti e 6 tra arbitri e designatori condannati.

Giustizia è fatta; i tifosi ancora una volta perdonarono il calcio.

Anno Domini 2011: il calcio è tossicodipendente da denaro.

Non può stare senza denaro:soffre; geme; sta male.

Non si gioca più la domenica; si gioca quando decidono le Pay Tv.

Non ci sono più le bandiere; ora è il discutibile personaggio del manager a destare interesse e incutere timore.

I prezzi dei biglietti aumentarono in maniera esponenziale; perché la dipendenza costa.

Non c’ è più nemmeno il derby; perché il derby senza tifosi è solo una partita; e sì perché ad aver pagato i problemi del calcio sono stati loro: i tifosi.

Domenica c’ è Alessandria-Casale : negli anni 80-90 il biglietto costava poche migliaia di lire e all’ incontro assistevano circa 7mila persone; ora il biglietto costa 12euro; con l’ acquisto limitato o interdetto alla tifoseria ospite si prevedono si e no 2mila afecionados orfani di tamburi; fumogeni e megafoni.

Per non parlare del dolore di vedere Tony Colombo; 406 presenze in maglia grigia; tornare al Tempio con i colori del nemico.

Che cosa rimane?

Rimane uno sport malato; violentato e umiliato da personaggi come Doni; idolo dell’ Atalanta e primo imputato per il recente scandalo.

Rimane anche un esercito di sfegatati che attende la sconfitta del drago del denaro per poter tornare a tifare per la squadra più bella del Mondo; qualunque essa sia per ognuno di noi.

Nicholas Capra

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