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Due le proposte cinematografiche per questo fine settimana estivo particolarmente torrido: la prima, un blockbusters, è rappresentata dal film di Michael Bay (Armageddon, Pearl HarborTransformers-L’ultimo cavaliere, ultimo episodio, il quarto, della celebre saga sui robot alieni. Questi ultimi vivono ormai da molti anni sulla Terra, perennemente in fuga dall’apparato militare americano. Il mitico Cade Yeager (Mark Wahlberg), eroe della saga, entra nella zona proibita di Chicago per salvare un gruppo di ragazzini, ricevendo in dono da un anziano Transformer un prezioso e antico talismano, perno narrativo della vicenda: da qui si scatenerà una lotta senza esclusione di colpi tra i Transformers, il governo statale e delle forze del male particolarmente agguerrite. Michael Bay sa come trasformare le immagini, le velocissime inquadrature corrette con una ridda di effetti speciali e artifici di montaggio, in un maestoso apparato scenografico, un po’ stancante dal punto di vista del racconto ma senz’altro gratificante allo sguardo. L’ultimo appuntamento con la mitologia dei Transformers è proprio soltanto questo, un grandioso dispiegamento di tecnologia visiva, un po’ surreale e del tutto vuoto a livello di plot, ma senza dubbio soddisfacente dal punto di vista dell’entertainment per chi ama questo genere.

150 milligrammi della regista Emmanuelle Bercot (A testa alta) racconta l’autentica storia della dottoressa Irene Frachon (Sidse Babett Knudsenn), pneumologa dell’ospedale universitario di Brest, che tra il 2009 e il 2010 mise in luce la correlazione tra l’assunzione del farmaco Mediator e la repentina morte di alcuni pazienti, dando via a una lotta giudiziaria senza esclusione di colpi contro la grande multinazionale farmaceutica Servier. Bagnato nel realismo più franco, addirittura brutale, il film della Frachon, che da bambina sognava di diventare medico, appartiene più al cinema di denuncia, al legal drama, che non al filone narrativo ospedaliero. La dottoressa Frachon viene rappresentata molto bene sia sul piano professionale che umano, ritratta anche e soprattutto nel suo quotidiano antieroico di persona fra le altre, impegnata non solo in una battaglia più grande di lei ma anche in tante altre piccole guerre di vita. Gli inserti musicali sembrano, a tratti, fuori posto in un film del genere, eppure riescono a scandire i momenti salienti della storia senza banalizzarla o renderla ridicola: ricordano, a questo proposito e con modalità simile, quelli presenti in Mommy di Xavier Dolan. Una pellicola intelligente, acuta, lucida, su uno degli innumerevoli drammi del nostro tempo, ottimamente interpretata e diretta.

Barbara Rossi