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Dal Festival di Cannes alla redazione di Rai3

ERIKIn periodi di crisi economica e preoccupazioni per il futuro, è confortante ascoltare la storia di Erik Negro. Acquese doc, classe 1990, Erik è nientemeno che un critico cinematografico. Ma non solo: neanche 25enne, lavora per lo storico programma Fuori Orario di Rai3, insieme ad Enrico Ghezzi e Roberto Turigliatto. Presenzia da 4 anni al Festival di Cannes, è stato a quello di Locarno, Berlino e Venezia. Letto così sembra un sogno, quasi impossibile. Eppure è una bella favola che favola non è. Erik inizia la sua carriera, cito, “in maniera molto trash”, ovvero presentando film al liceo. Tutto nasce dalla collaborazione con i ragazzi dell’AIACE di Torino, sezione piemontese dell’Associazione Italiana Amici Cinema d’Essai. L’AIACE si propone di distribuire costantemente film poco noti, e proprio da qui Erik scrive le prime recensioni e partecipa ai primi festival. Muove passi nella sua carriera scrivendo anche per gli Spietati, rivista di cinema, e collaborando con la Cineteca Griffith di Genova, per cui lavora tuttora. Ha tenuto un Workshop di Critica Applicata a Madrid e gli è stata proposta una collaborazione anche in Canada. La prima domanda che gli ho fatto è stata “Come sei arrivato a Cannes?”, e la risposta fu “In treno”. Erik vanta un curriculum impensabile per un ragazzo della sua età, ma parla di tutto questo con estrema naturalezza, da non confondersi con superbia. Anzi, gli ho chiesto se pensa di essere bravo, ma sono stata liquidata con la frase “A scrivere, assolutamente no”. Ma come si sceglie di diventare critico cinematografico? “Diciamo che è capitato”, dice Erik. “Comunque guardo Fuori Orario da quando ho sette anni, a causa dell’insonnia. Non prendo questo mestiere come un lavoro, ma come una missione. Ci sono tanti bei film che nessuno potrà mai vedere. Il senso della critica che voglio dare non è se un film sia bello o meno. È come essere un archeologo: si cerca di scoprire qualcosa di nuovo”. Erik si concentra infatti sul cinema d’avanguardia e sperimentale, ovvero un mondo di immagini e pellicole che in pochi hanno visto, proprio perchè difficili da scovare. Il suo compito è quello di diffonderli più che può al pubblico, per “dovere morale”. Un modo personale per cercare di uscire dallo schema culturale molto classico e standardizzato attuale. In partenza per la Spagna, mi fa presente che una delle clausole da accettare in questo ambiente è il precariato. Va bene, non è tutto rose e fiori: ma diciamo che è comunque un ottimo inizio.

 

Ilaria Zanazzo

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