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“Le parole non son più d’aiuto perchè ad ogni passo, su una pietra incisa nell’altra, come una chimera si ascolta solo il canto del vento…”

L’esperienza emozionante e gli appunti di viaggio di un musicista di Sezzadio attraverso Cile, Bolivia e Perù

Dopo aver letto i libri scritti da Luca Belcastro, compositore e ideatore di “germinaciones” (l’organizzazione che promuove con seminari e corsi la divulgazione della musica contemporanea sulla vastissima area dell’America Latina), per Stefano Nozzoli le motivazioni e gli stimoli per vedere nuovi luoghi, realtà, musiche e persone erano davvero tante: il viaggio come esperienza di condivisione di culture di popoli non ancora intaccati dallo spirito di competitività che contraddistingue il “far musica” in Europa. Si parte, zaino in spalla, da una Santiago del Cile “appena uscita dal suo inverno”, per affrontare “le Ande immense e spettacolari”. Il programma è risalire il Cile fino a La Serena (facendo prima tappa alla città “cubista” e colorata di Valparaiso, dal cui Cerro Bellavista “si affaccia l’eccentrica casa di Pablo Neruda”), tagliare in orizzontale la Valle de l’Elqui (luogo noto per i suoi osservatori astronomici e il famoso “pisco”, un distillato parente della grappa) e raggiungere il deserto di Atacama, con tappa di qualche giorno a San Pedro. Riavvolgendo il nastro dei ricordi, a Stefano sembra di “respirare di nuovo l’aria tersa e pungente ed essere cile-peru-2ancora accecato dal sole tesissimo e bruciante”: ecco riproporsi ai suoi occhi “le quote molto elevate che tagliano il respiro, le vallate lunari circondate in lontananza da coni di giovani vulcani ancora attivi, i campi geotermici, le lagune rosa popolate da migliaia di fenicotteri e le monumentali opere in pietra scolpite dal vento”. Dopo 4 giorni passati “sull’altopiano andino, a bordo di una jeep”, raggiunge la Bolivia attraversando il grande bianco accecante Salar di Uyuni. Si tratta di “una distesa di sale immensa dove, in un’alba siderale, il sole sorgente e la luna piena si fronteggiano sull’isola di Hincahuasi, sacra agli Aymara e popolata da cactus millenari alti fino a 8 metri”: gli spiriti degli antichi eroi sembrano “rivivere nelle forme ieratiche di queste piante”. La città di Uyuni lo accoglie con le sue strade festanti per la processione annuale della Virgen del Carmen: “costumi coloratissimi, maschere rituali, danze accompagnate da bande di ottoni e percussioni di ogni genere si danno il turno percorrendo le vie cittadine, tra la gente accalcata e venditori di ogni sorta di locali leccornie”. Nella città innevata di Potosì, alta sulla miniera d’argento che fu più ricca d’America dal tempo dei conquistadores e ancora in attività, un gruppo di minatori di origine quechua lo conduce in un viaggio al centro della terra “strisciando attraverso gallerie anguste, dove l’aria satura di polveri sottili e pesanti taglia i polmoni a metà”. Le tappe successive sono verso nord, con la bianca ed elegante città di Sucre – “la perla della Bolivia” – e “la scenografica conca” che racchiude la frenetica capitale La Paz, che sembra “perdersi nella confusione dei suoi mercati”. Dopo le affascinanti rovine dell’antica città preinkaica Tiwanako, si prosegue alla volta di Copacabana, sul versante boliviano del Lago Titikaka, il più grande e alto specchio del Sudamerica “culla di leggende atlantidee, dove il sole splende tutto l’anno e la gente vive ancora il senso del legame e del rito che lega alla natura e alla madre terra, la ‘pachamama’”. L’arrivo non può che essere nell’ombelico del mondo, Cuzco, la Valle Sacra e ovviamente Macchu Picchu: ma ora “le parole non son più d’aiuto” perchè “ad ogni passo, su una pietra incisa nell’altra, come una chimera si ascolta solo il canto del vento…”

Gianmaria Zanier

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