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Il racconto di un incontro conviviale per sentirsi un po’ “non vedenti” insieme agli altri

Un’iniziativa dell’associazione “Volunteers” per l’acquisto di un’ambulanza

Sono stata invitata ad una cena al buio. Detto così può sembrare strano, ma “cena al buio” è l’appellativo affibbiato all’evento. L’invito è partito da Angelo, un vecchio amico di Zapping News. La proposta consiste nel partecipare ad una cena in cui gli ospiti mangiano in una sala completamente buia, serviti da camerieri non vedenti. Uno di questi sarà proprio Angelo, gli altri saranno Agnese e Luigi. L’idea mi alletta ed affascina, ma, al tempo stesso, un po’ mi spaventa. L’appuntamento è di sabato sera presso la sede degli alpini di Acqui Terme. Scopro che l’evento è organizzato dal gruppo “Volunteers”, un’associazione Onlus che sviluppa progetti umanitari in territori di guerra. Lo scopo dell’evento è raccogliere fondi per un’ambulanza che arriverà in Africa. Dopo il discorso del presidente dell’associazione “Volunteers”, Maurizio Mortara, Angelo ci dà qualche informazione su come orientarci al buio e ci spiega alcune dritte per riconoscere gli oggetti.
In fila indiana, veniamo condotti nella sala che ci ospita per la cena, rigorosamente al buio. Io ho solo un punto di riferimento: Angelo. Le nostre guide speciali ci fanno accomodare uno per volta. Io mi sento spaesata, non conosco il luogo, non so chi ho di fronte, non so come siano fatte le sedie, i piatti, i bicchieri, le tovaglie. Non vedo i visi di chi mi circonda. Sento le risate, ma non vedo i sorrisi. Certo, possono sembrare dettagli irrilevanti e, forse, lo sono. Ma provate per un attimo, un solo attimo, ad immedesimarvi, a pensare di non poter vedere il sorriso dei vostri figli, gli occhi di vostra moglie o di vostro marito. Immaginate per un attimo di avere di fronte lo spettacolo più bello del mondo e di non poterlo vedere. Queste sono state le mie sensazioni durante la cena. Ammiro l’abilità dei nostri camerieri nel portarci ogni pietanza. Non ho la vista, ma fortunatamente, riesco comunque ad apprezzare l’ottima cucina. Una delle prime difficoltà che incontro è cercare la bottiglia per versarmi da bere. Mi sposto con le mani, ma ho paura di urtare i bicchieri di chi mi sta vicino e custodisco gelosamente il mio. Trovo e riconosco la bottiglia dell’acqua frizzante e provo a versarmi da bere. Sbaglio al primo tentativo e ne rovescio un po’: non ho centrato il bicchiere. Fortunatamente il danno è minimo e riesco a rimediare senza che nessuno se ne accorga. Altro problema: riuscire a mangiare tutto. Faccio fatica a prendere il cibo con la forchetta. Le nostre guide ci consigliano di aiutarci con il pane. Io ci provo, ma non è esattamente semplice. Non all’inizio, almeno. Dopo il dolce, la cena si conclude e vengono riaccese le luci. Gli occhi mi fanno male e non riesco a tenerli aperti, mi lacrimano e faccio fatica a vedere. Penso: “Stavo meglio al buio”. Ma poi i miei occhi si abituano alla luce e vedo. Vedo le persone allegre, le nostre guide stanche, ma soddisfatte. Vedo il colore della tovaglia e delle sedie. Vedo il viso della donna che avevo di fronte. Vedo e mi sento estremamente fortunata. Vedo ed ammiro con ogni singola fibra del mio corpo coloro che, nonostante le difficoltà, riescono ad adattarsi, a vivere e a sorridere.

 

Giada Guzzon

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