dialessandria.it - no photo
dialessandria.it - no photo

Il Premio Acqui Storia, giunto alla sua 50° edizione, traguardo significativo per un Premio internazionale storico letterario atteso ormai ogni anno da Autori ed Editori italiani e stranieri, in prossimità della cerimonia di premiazione prevista per sabato 21 ottobre p.v. al Teatro Ariston, presentata quest’anno per la prima volta da un notissimo volto televisivo Roberto Giacobbo, invita il pubblico all’incontro con Nicola Bolaffi, noto pittore le cui opere sono state esposte a Torino, Roma, Ginevra, Londra e Tel Aviv, che presenta il suo ultimo romanzo “La sottile armonia degli opposti” edito da Garzanti. L’incontro si terrà domenica 1° ottobre alle ore 17,30 presso la Sala Conferenze di Palazzo Robellini di Acqui Terme.

L’Autore verrà introdotto da Carlo Sburlati con il contributo critico del professor Carlo Prosperi.

L’armonia degli opposti è un piccolo gioiello. Un esordio forte e coinvolgente. Un romanzo che viaggia tra la dura e spietata realtà e il rassicurante limbo della fantasia e delle emozioni. Due anime alla deriva che si sfiorano per scoprire che solo remando controcorrente si può sconfiggere la tempesta.

Il libro“è la storia di due solitudini che si incontrano, per poi perdersi e ritrovarsi” (come appunto si legge in appendice, nella “conversazione” con l’autore), ma non è solo questo. È anche un romanzo di (duplice) formazione e una sorta di (duplice) educazione sentimentale. L’impianto è molto geometrico, giacché le storie dei due giovani protagonisti, Otto e Greta, procedono per lunghi tratti parallelamente, salvo poi convergere occasionalmente, fino all’happy end che sembra scritto nelle stelle, “inevitabile”. Si potrebbe, per certi versi, parlare di “convergenze parallele”. La struttura simmetrica si giustifica con il fatto che Otto e Greta sono, sì, anime gemelle destinate alla fine a ritrovarsi, ma sono pure assai diversi o, se vogliamo, complementari. Per spiegarcelo, Bolaffi rispolvera, in versione ebraica, il mito platonico dell’ermafrodito e della scissione originaria: un tema, quello della scissione, che è fondamentale nell’economia del libro, perché esso parte dal presupposto che«tutti coloro che hanno vita tengono in sé una separazione». E questa nativa «incompiutezza», oltre ad essere lo stigmadell’umana irrequietudine, è anche all’origine della sua tensione creativa.

Tutto comincia dalla decisione di Riccardo, detto Otto, di «scrivere, pensieri alla rinfusa». Solo più tardi egli si renderà conto che «mettere nero su bianco era stato un modo catartico per salvaguardarsi, un rifugio e al contempo una piccola liberazione». La scrittura, in altre parole, al pari della pittura, si rivela «un buon metodo per far fluire le emozioni, una maniera proficua per sublimare l’angoscia». Ma soprattutto può «dare forma» (e quindi senso) al mondo. Almeno al proprio. «La bellezza di creare è anche quella di poter attingere ai grumi della vita e di scioglierli in pensiero e immagine». Si parte dunque dagli appunti (in prima persona e in corsivo) per approdare al romanzo, in terza persona, ma focalizzato sui protagonisti: Otto e Greta. Il piano della realtà trova infine rispecchiamento su un altro piano, tra onirico e fantastico, nelle vicende di alcuni doppi simbolici (cui corrisponde un altro tipo di carattere): la barca Babette e il remo Romeo, il numero 8 e la lettera B. Il Mondo degli Uomini ha insomma il suo corrispettivo, a volta a volta, in quello dei Numeri, in quello delle Lettere, in quello delle Figure, in quello delle Forme Strane… A tutti questi Mondi sovrintende il Mondo superiore dei Mondi, in un universo stratificato, pluridimensionale, ma in qualche modo (misterioso) perennemente interconnesso. Tanto che le vite e le vicende di Otto e di Greta risultano «intrecciate col corso degli eventi degli altri mondi». In comune tutti questi mondi hanno l’arte come «forma di espressione»: «L’arte che è il punto di contatto tra l’essere e l’ignoto. L’arte che è il ponte tra il reale e l’immaginario» . All’arte più che alla vita spetta il compito di esprimere e ricomporre “la sottile armonia”, sempre instabile e minacciata, degli “opposti”. L’arte cerca di dare un senso all’informe caos dell’esistenza, di cui è appunto la liberatoria espressione. In un difficile rapporto tra inconscio (che per l’autore prevarrebbe nella pittura) e la razionalità (che si affermerebbe invece nella scrittura). A ben vedere, quindi, l’arte è la finale risoluzione – quasi un deus ex machina – dei conflitti vissuti e sofferti dai protagonisti, più razionale il maschio, più istintiva la femmina.

Alla persuasione di Greta che la vita non abbia alcun senso fa da contraltare la convinzione radicata, pur fra molti dubbi, in Otto che «siamo sineddochi in volo, parti di un disegno più grande». «Gli uomini» scrive Otto«hanno la necessità […] di dare un senso».Ed è questa fede, in fondo, a confortarlo nella sua tensione a superare le fratture, il dualismo implicito nel suo nome palindromo, nel duplice occhiello del numero 8 e della lettera B.Otto ha due genitori che non riescono ad amarsi: lei, la madre, è assillata da una depressione tentacolare, da cui stenta a liberarsi; lui, il padre, è un frustrato di successo: avrebbe voluto fare il pilota d’aviazione, ma il genitore lo costrinse a succedergli come dirigente d’azienda. Pur essendo razionalista all’eccesso, ha il merito di credere nelle risorse della fantasia, tanto da instillare nel figlio, con le sue «storie», il gusto dell’invenzione; e soprattutto ha il gusto dell’arte, che trasmette a Otto, il quale, giunto al momento di decidere sul proprio futuro, rinuncia a proseguire la carriera paterna per darsi, appunto, alla pittura. Greta, dal canto suo, non ha mai conosciuto il padre e convive con una madre che, troppo presa dal lavoro, non riesce a seguirla e la affida alle cure di una maestra. Questa, coniugata e senza figli, la educa con intelligenza e amore, facendole scoprire la bellezza dell’arte e circondandola di mille premurose attenzioni; il marito di lei, Giacomo, le regalerà poi una macchina fotografica che consentirà alla ragazza di «congelare il tempo», di rubare attimi all’eternità. Ella è infatti ossessionata dall’inarrestabile e assurdo fluire del tempo. Quanto fotografa è segnato da privazione  e da desolazione. Ella non conosce la spensieratezza, ma sente la fatica, l’insensatezza e perfino lo schifo di vivere. Soprattutto all’indomani della morte di Giacomo e della maestra che fino allora le avevano offerto comprensione, conforto, rifugio: una sorta di placenta protettiva. Privata della guida affettiva della famiglia sostitutiva, Greta si lascia andare alla deriva e, inseguendo vani miraggi di felicità, cade «nella tela del ragno», perde la sua verginità, cede alla droga, si prostituisce, in un crescendo di disperazione esistenziale e di cupio dissolvi che la porta alle soglie della morte. Si convince di essere incapace di amare, di essere inetta alla felicità. Il racconto si sviluppa in un fervido metaforeggiare, in una prosa poeticamente immaginosa, ricca di traslati, di associazioni analogiche, di comparazioni. Basti dire che l’immagine ricorrente della «barca spersa in mezzo al mare» rappresenta metaforicamente la drammatica condizione di Greta. Da questo suo «male di vivere» la salvano prima la passione per l’arte e poi l’amore per Otto, a sua volta assimilato ad un remo che vaga irrequieto fino a  che non trova lo scalmo a lui congeniale.Così da abbandonarsi fiducioso al mare «così saggio e così leggero».

 

NICOLA BOLAFFI è nato a Torino e vive fra la campagna di Sciolze e New York. Lo sport ha fatto parte della sua vita sin da bambino. È un giocatore di seconda categoria di tennis ed è un celebre maestro nazionale della Federazione Italiana. Pittore da sempre, le sue opere sono state esposte a Torino, Roma, Ginevra, Londra e Tel Aviv.

 

Al termine di questo incontro con l’Autore, che si terrà domenica 1° ottobre alle ore 17,30 ad Acqui Terme presso la Sala Conferenze di Palazzo Robellini, Carlo Sburlati ed il professor Carlo Prosperi apriranno un dibattito fra l’Autore, il pubblico e i giornalisti presenti.

 

 

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"