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Annunciati i risultati di un’indagine europea condotta nell’ambito della campagna Here & Now: in Italia la metà dei medici (48%) e un terzo degli infermieri (32%) non hanno ricevuto alcuna formazione o supporto nella gestione delle esigenze psicologiche ed emotive delle pazienti con tumore al seno avanzato.
La metà (44%) degli operatori sanitari ritiene che la disponibilità di un sostegno emotivo e psicologico sia il più grande bisogno insoddisfatto per queste pazienti.
Il tempo è un fattore importante: il 64% del campione ha la sensazione di non dedicare abbastanza tempo alle pazienti al momento della diagnosi iniziale.
Origgio, 27 novembre 2014 – La disponibilità di un aiuto psicologico, di un supporto emotivo, è il principale bisogno insoddisfatto delle donne che convivono con un tumore al seno avanzato: medici e infermieri italiani, però, spesso e volentieri non sono messi nella condizione di soddisfarlo, perché non ricevono formazione e supporto nella gestione di queste esigenze e perché non possono dedicare alle pazienti il tempo che vorrebbero. Questo è lo scenario che emerge dai risultati sul campione italiano di un’indagine, realizzata nell’ambito della campagna pan-europea Here & Now, condotta su oltre 300 operatori sanitari in otto Paesi europei per rivelare gli unmet needs nel trattamento e nella gestione delle pazienti con tumore al seno avanzato.
I dati degli operatori sanitari italiani coinvolti nell’indagine rivelano significative carenze: metà dei medici (48%) e un terzo degli infermieri (32%) non hanno ricevuto alcun addestramento formale o supporto atti ad aiutarli nella gestione delle esigenze psicologiche ed emotive delle pazienti.1 Il 44% degli operatori sanitari afferma che il più grande bisogno insoddisfatto delle pazienti che convivono con il tumore al seno avanzato è la disponibilità di un supporto emotivo e psicologico, ed è preoccupato di non essere in grado di sostenere adeguatamente i bisogni emotivi delle pazienti.1
L’indagine ha inoltre rilevato che il 64% degli operatori sanitari ritiene di non dedicare abbastanza tempo alle pazienti al momento della diagnosi iniziale di tumore al seno avanzato.1 Gli operatori sanitari reputano che le pazienti si sentirebbero meglio informate (76%), più ascoltate (80%) e più rassicurate (76%) se venisse loro concesso maggiore tempo per discutere insieme la gestione della patologia.1 Questi risultati sono stati resi noti a seguito della riunione, svoltasi recentemente a Bruxelles, che ha visto coinvolti i massimi esperti europei di tumore al seno per discutere in che modo sia possibile superare gli ostacoli che impediscono l’approccio ottimale.
Non sorprende neppure che il trattamento del tumore al seno avanzato eserciti un notevole impatto emotivo anche sugli operatori sanitari stessi. Quasi tutti (92%) gli operatori sanitari hanno dichiarato che il trattamento delle pazienti influenza anche il loro benessere emotivo.1 Inoltre, 2 su 3 affermano di non disporre di un adeguato supporto che li aiuti ad affrontare questo impatto emotivo.1
L’indagine ha anche esplorato altri aspetti della gestione del tumore al seno avanzato, tra i quali la qualità delle informazioni disponibili e l’efficacia dei team multidisciplinari. La metà (52%) degli operatori sanitari afferma di non avere materiali di supporto disponibili per le pazienti, a riprova di una carenza di risorse essenziali.1 Inoltre, quasi tutti gli operatori sanitari (98%) concordano sul fatto che un approccio basato sulla multidisciplinarietà migliori il livello di assistenza alle pazienti con tumore al seno avanzato, anche se solo la metà di loro (54%) lavora in team multidisciplinari.1
Il tumore al seno è la forma più comune di cancro nelle donne in tutto il mondo, responsabile del 23% di tutti i nuovi casi di tumore nelle donne.2 Quasi un terzo (30%) delle donne con tumore al seno precoce svilupperà la malattia nella forma avanzata.3 La malattia allo stadio avanzato rimane incurabile e, di conseguenza, gli obiettivi terapeutici sono in prevalenza focalizzati sulla gestione dei sintomi, sul ritardare la progressione della malattia e sul prolungare il tempo di sopravvivenza globale, senza compromettere la qualità della vita.

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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