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Per l’Asti spumante le difficoltà arrivano dall’estero; per i produttori di Brachetto la redditività è al minimo storico

Tempi difficili per le uve aromatiche del territorio, Moscato e Brachetto, prodotti principe del basso Piemonte, stanno soffrendo una fase di difficoltà, mettendo a rischio un comparto strategico che, in particolare con il Moscato, assicura percentuali di vendite significative all’interno del portafoglio export della nostra regione.

In provincia di Alessandria l’area che per vocazione e per disciplinare di produzione produce le uve aromatiche, è l’Acquese.

Per i viticoltori che in questi anni hanno visto calare le rese ad ettaro del Brachetto, con conseguente riduzione dei loro redditi, preoccupa fortemente la difficoltà del Moscato, che sembrava meglio funzionare sui mercati esteri. La Russia in particolare, ma in generale un calo delle esportazioni dell’Asti Spumante stanno determinando una crisi che va affrontata, con forza e compattezza, da parte della filiera agro-industriale. Crisi parzialmente contenuta dal rafforzamento delle vendite, negli ultimi anni, del Moscato d’Asti tappo raso che ha raggiunto i trenta milioni di bottiglie vendute nel 2015.

In provincia di Alessandria, sono coinvolti centinaia di produttori e quattro Cooperative; le due Cantine di Alice Bel Colle, la Cantina Tre Secoli di Ricaldone e la Cantina di Cassine.

Il Moscato in Piemonte interessa circa 9 mila ettari di vigne e circa 4.500 aziende agricole, situate in 52 comuni delle province di Asti, Cuneo e Alessandria.

I dati dell’ultima vendemmia, forniti dal Consorzio dell’Asti, ci dicono che l’uva prodotta è stata di 940 mila quintali, e circa il 17% proviene dal nostro territorio (160 mila quintali circa); la resa effettiva da disciplinare è stata di 98 qli/ha, numeri importanti per la viticoltura piemontese e per l’area di produzione dell’Acquese.

A breve i Consorzi di Moscato e Brachetto affronteranno la fase di rinnovo delle cariche nei Consigli di Amministrazione, importante per il futuro del settore. E’ quanto mai necessario orientarsi su scelte chiare, che coinvolgano i produttori in un cambiamento utile per invertire il trend negativo e risollevare il comparto dalla crisi. Dichiara Piero Trinchero, vicepresidente della Cia di Acqui Terme: “I produttori devono essere coscienti e responsabilizzati nelle decisioni che condizioneranno i prossimi anni, per consentire alla filiera di affrontare con maggiore serenità le sfide future in un clima di concorrenza sempre più acceso e perché la crisi del mercato nasce, parallelamente, dalla crisi delle idee“.

Commenta Carlo Ricagni, direttore provinciale Cia Alessandria: “I Consorzi di Tutela sono strumenti fondamentali per la gestione del prodotto, ma, come nel caso del Brachetto, spesso legati a figure che da troppo tempo fanno il buono e il cattivo tempo, senza un ricambio che porti novità e nuovi progetti. Il settore dei vini aromatici è per sua natura legato alle industrie spumantiere, ma non per questo i viticoltori debbono essere ridotti a comparse all’interno della filiera, quindi ci sarà bisogno di nuove energie e, se possibile, di qualche rottamazione“.

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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