Nelle nuove classifiche de “Il Sole 24 Ore” sulla qualità delle Università Italiane il Piemonte Orientale si posiziona – tra gli atenei statali – al 12° posto, subito dopo quello di Pavia, prima di prestigiose e consolidate Università come Firenze, Torino e Genova. Nei confronti delle precedenti classifiche migliorano, in particolare, le valutazioni riferite al comparto della ricerca. L’Università, infatti, si posiziona al primo posto nel giudizio dei laureandi rispetto alla didattica e nella percentuale dei crediti ottenuti negli stage, mentre si situa al quarto tra gli indicatori che misurano la qualità della produzione scientifica e all’ottavo in quella dei dottorati.
Lo sviluppo dell’attività di ricerca attraverso la realizzazione di laboratori e programmi – con l’obiettivo di essere riconosciuta come “sede di ricerca” – rappresenta una delle tre linee di intervento che il Professor Antonio Ruberti indicò alla Tripolare quando, nel 1997, le venne assegnata dal Ministero una contrastata autonomia.2 Le altre due direttici segnalate riguardavano la necessità di integrare le tre sedi, attraverso una rete telematica di interconnessione, costruendo rapporti unitari tra le città di Alessandria, Novara e Vercelli e, nell’offerta didattica, l’impegno ad operare come laboratorio di innovazione sia nel processo di insegnamento che di apprendimento. Il tutto, rigorosamente, in una dimensione europea dove l’esigenza di far convergere riconoscimento professionale ed accademico possono favorire la cooperazione con atenei di altre regioni e la concreta realizzazione di programmi congiunti.
Se i risultati dell’indagine ci dicono che nella fondamentale attività di ricerca il Piemonte Orientale ha fatto, in pochi anni, importanti progressi, nell’integrazione delle tre sedi al fine di configurare un assetto sostanzialmente unitario, così come nel rapporto dell’Università con le tre principali città, la strada da percorrere è ancora molta. Anche se va dato atto al nuovo Rettore di operare con decisione in questa direzione e, con lo sdoppiamento dei principali corsi di laurea, di aver ridotto le tensioni tra i tre poli e ottenuto un significativo aumento nelle iscrizioni. Nella consapevolezza che solo dallo sviluppo equilibrato, in quantità e qualità, dell’insieme dell’Ateneo può derivare un vantaggio per le singole sedi e, di conseguenza, per le tre città.
In ogni caso il posizionamento del Piemonte Orientale nella parte alta e ambita della classifica del “Sole 24 Ore” rappresenta anche un riconoscimento per la giustezza del duro confronto che, durante il primo governo Prodi, i parlamentari e gli amministratori delle tre realtà dovettero sostenere per ottenere l’autonomia della seconda università del Piemonte. Avendo contro l’Università di Torino e il suo influente Senato Accademico, la posizione contraria formalizzata dal Sottosegretario con delega per l’università3 per un assetto “a rete” che lasciava intatti i poteri e le risorse in capo all’ateneo torinese, la sostanziale contrarietà del presidente della Regione4 e, persino, quella della Cgil regionale. Infine, ed è giusto dargliene atto, risultò dirimente la valutazione del Ministro Luigi Berlinguer che ribaltò il giudizio e l’operato del suo Sottosegretario.
Adesso che le tensioni tra le tre sedi appaiono in via di superamento e il cambio nella direzione politica della Regione può favorire un’attenzione all’insieme dell’Università e non, come è accaduto, ad una singola realtà, occorre che i ritardi accumulati da Alessandria, soprattutto nei servizi per gli studenti e i docenti, trovino una rapida e funzionale soluzione. Così come è fondamentale che l’Amministrazione comunale -cessato per responsabilità esclusiva del Politecnico di Torino l’impegno nei confronti dello specifico Consorzio – trovi adesso tempo e modo per risolvere i problemi di spazio ancora presenti, specie nella sede di palazzo Borsalino, e sappia sviluppare una nuova attenzione volta a creare le condizioni per rendere praticabile l’obiettivo di Alessandria “città universitaria”. Gli esempi positivi cui fare riferimento non mancano.
L’Università di Trento, che con quella di Verona svetta ai primi posti nella citata classifica che misura la qualità degli atenei italiani, in pochi anni ha raggiunto questo prestigioso traguardo e con essa è cresciuta e si è sviluppata l’intera città. Una situazione che, contrariamente a chi riteneva sbagliato creare un secondo Ateneo al di fuori di Torino, conferma la possibile prosecuzione di una peculiarità italiana che ha, negli anni, realizzato prestigiose Università in città di piccole o medie dimensioni. Si può fare, se è presente un’ambizione condivisa e si ha la consapevolezza che si intende investire sul futuro delle nuove generazioni.