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Approvato il piano rifiuti

Dopo nove mesi di confronto tra Commissione e Aula, il Consiglio ha approvato (29 voti a favore, 8 contrari) il Piano di gestione dei rifiuti urbani e dei fanghi di depurazione 2012-2020. La proposta di deliberazione, la cui discussione in Consiglio regionale è cominciata nella seduta dell’8 marzo, propone – tra gli obiettivi – di raggiungere il 65% di raccolta differenziata in ogni ambito territoriale e il 50% del tasso di riciclaggio complessivo oltre a una sensibile riduzione della produzione di rifiuti entro il 2020.

Le novità della norma sono diverse e consentiranno di raggiungere tutti gli obiettivi espressi dalla disciplina nazionale e comunitaria, che negli ultimi anni si è evoluta al punto di trasformare la gestione dei rifiuti in uno strumento di natura economica ed ambientale, nel solco tracciato dal legislatore europeo.
Per i rifiuti residuali non riciclabili, stimati al 2020 complessivamente pari a 671mila tonnellate, il piano prevede la loro valorizzazione energetica o direttamente nel termovalorizzatore di Torino (346mila tonnellate) o prevista produzione di combustibile solido secondario (96mila tonnellate) da inviare in parte al cementificio di Robilante e in parte in impianti fuori regione.
Soddisfazione tra i banchi della maggioranza, con i consiglieri Antonio Ferrentino e Silvana Accossato (Pd) che parlano di “un piano innovativo, arrivato dopo una lunga discussione nel merito anche grazie a contributo della maggioranza. Il lavoro in Commissione è stato lungo e intenso, ma siamo contenti del risultato raggiunto. Nelle settimane scorse abbiamo sentito alcuni colleghi parlare di un piano senza fondi, ci auguriamo che si possa fare uno sforzo anche sul fronte risorse. Oggi abbiamo delle norme con obiettivi ambiziosi che, con uno sforzo condiviso dai territori e dai sindaci, possono essere portati a casa nei prossimi anni”.
Critiche e qualche luce arrivano dal M5S che, per voce dei consiglieri Giorgio Bertola, Giampaolo Andrissi, Davide Bono, Mauro Campo e Federico Valetti, racconta di “un piano nato già vecchio. Si era aperto un confronto in Commissione durante il quale la maggioranza aveva espresso molti dubbi. Non ci sono politiche alternative ma solo un potenziamento dell’uso degli inceneritori per ovviare al problema delle discariche. Su questo abbiamo provato un piccolo compromesso approvando un odg, ma un enorme forno non può essere una grande innovazione. In futuro dovremo puntare su raccolta differenziata e prevenzione”.
Scettico anche il gruppo Forza Italia con Gilberto Pichetto e Diego Sozzani: “un piano poco coraggioso, senza elementi di qualità tranne quelli introdotti grazie al nostro lavoro in Commissione, come ad esempio l’aumento della percentuale della raccolta differenziata e il concetto di massimo riciclo secondo blue economy. Il piano nasce già vecchio, i dati su cui si basa sono del 2013 ed è impensabile visto che entra in vigore nel 2017 e deve valere fino al 2020”.
“La Regione – ha detto l’assessore regionale all’Ambiente, Alberto Valmaggia, in conclusione – punta alla riduzione della sua ‘impronta ecologica’, attraverso l’eliminazione degli sprechi e favorendo la reimmissione dei materiali trattati nei cicli produttivi. In questo modo si vuole fornire un contributo per far rientrare il ciclo produzione-consumo nei limiti delle risorse del pianeta”.

Ordini del giorno collegati

Prima della votazione finale della deliberazione sono stati esaminati e votati undici ordini del giorno dei quali cinque approvati.

L’ordine del giorno n. 656, prima firmataria Silvana Accossato (Pd), impegna la Giunta regionale all’adozione di provvedimenti di competenza regionale integrativi delle politiche di gestione dei rifiuti urbani, come la revisione di norme di natura tributaria che incentivino i comportamenti positivi di cittadini e imprese.

La mozione n. 250 ancora di Accossato (Pd), che chiede alla Giunta regionale di esprimere il parere nella Conferenza permanente Stato-Regioni affinché il termovalorizzatore del Gerbido (To) non sia inserito nell’elenco degli insediamenti strategici di preminente interesse nazionale.

L’ordine del giorno n. 522, primo firmatario Antonio Ferrentino (Pd), per la destinazione dell’ecotassa (il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi) a sostegno degli obiettivi del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani 2015-2020.

L’ordine del giorno n. 676 di Gabriele Molinari (Pd), per escludere la possibilità futura di riattivare il termovalorizzatore di Vercelli e per riqualificare l’area dell’insediamento dimesso tutelando la salute della popolazione interessata.

Giovanni Corgnati (Pd) ha invece presentato un documento per impegnare l’Esecutivo regionale a istituire, nell’ambito del riordino delle Province e degli Enti di area vasta, una cabina di regia in materia di nuove autorizzazioni e/o ampliamenti degli impianti di discarica esistenti in Valle Dora.

Gli altri documenti sono stati respinti: n. 668 di Diego Sozzani (Fi) , chiede di destinare risorse regionali per i progetti di estensione e alternativi del servizio di raccolta dei rifiuti per particolari realtà comunali; n. 669 ancora di Sozzani (Fi), che chiede, entro sei mesi dall’approvazione del Piano rifiuti, di correggere la disciplina sanzionatoria; uno di Giorgio Bertola (M5S), in merito alla redazione del Piano di bonifica e di un programma di bonifica delle aree inquinate; n. 620 ancora di Bertola (M5S), per chiedere di pianificare la dismissione dell’impianto di incenerimento dei rifiuti del Gerbido (To); n. 621 di Federico Valetti (M5S), per chiedere di sospendere lo smaltimento dei rifiuti urbani in impianti di co-incenerimento o nei cementifici del Piemonte; n. 675 ancora di Valetti (M5S), per la definizione dei metodi di calcolo della raccolta differenziata nella Regione Piemonte e per la corretta applicazione degli stessi principi di calcolo del contributo ambientale.


Riordino delle funzioni provinciali

L’Aula di Palazzo Lascaris, nella seduta di giovedì 21 aprile, ha approvato a maggioranza (Movimento 5 stelle e Forza Italia non hanno partecipato al voto), il testo che modifica la legge regionale n.23/2015 in materia di riordino delle funzioni amministrative provinciali ai sensi della legge “Delrio” n.56 del 2014.

“Il provvedimento interviene, dopo un primo periodo sperimentale di attuazione, per correggere e razionalizzare alcuni aspetti della legge n.23/2015 e per chiarirne altri relativi alla fase transitoria collegata ai procedimenti in corso”, ha spiegato il relatore di maggioranza illustrando il testo.

“La materia meritava un maggiore approfondimento in quanto non disponiamo di un quadro completo di come sia stata attuata la riforma dell’ottobre scorso ed è evidente che si tratti di una legge-tampone che sarà necessario rivedere in seguito agli esiti del referendum costituzionale”, ha dichiarato il relatore di minoranza.

“Il cambio di deleghe dalle Province alla Regione non ha fatto venire meno i servizi erogati ma la discussione su queste norme è avvenuta troppo in anticipo rispetto alla definizione del quadro nazionale”, è intervenuto un consigliere di Forza Italia. “Aldilà degli aspetti normativi sarà importante capire la situazione attuativa e mettere a sistema nel modo migliore possibile il personale che rimane alle Province”.

La legge approvata posticipa al 31 dicembre 2016 il termine previsto per la sottoscrizione delle intese fra Regione e province per lo svolgimento delle funzioni in forma associata.

In tema di energia è completata l’attribuzione di funzioni alle Province anche per le autorizzazioni alla distribuzione energetica, fatta eccezione per gasdotti ed oleodotti facenti parte delle reti energetiche nazionali o inseriti in obiettivi strategici definiti a livello regionale. Nei casi in cui le infrastrutture non siano totalmente ricomprese all’interno di una singola provincia, si stabilisce il criterio della prevalenza, privilegiando la forma della gestione singola.

Si prevede inoltre un’ampia collaborazione fra Regione e Province relativamente alla funzioni riallocate alla Regione dal 1 gennaio 2016 ma i cui procedimenti sono stati avviati entro il 31 dicembre 2015 dalle amministrazioni provinciali. In tali casi si dispone la possibilità da parte del personale riallocato in Regione a seguito del riordino di funzioni, non solo di compiere attività istruttorie o di supporto a favore degli uffici degli enti locali, ma anche di assumere i relativi provvedimenti a rilevanza esterna. Il suddetto personale opera a tal fine funzionalmente anche per l’ente locale con possibilità di coinvolgere il relativo bilancio. La disciplina degli atti compiuti rimane quella dell’ente locale surrogato e i relativi effetti giuridici si produrranno direttamente in capo all’ente sostituito, compreso il relativo contenzioso. In modo analogo alle Province, anche per i Comuni si stabilisce la titolarità dei procedimenti in materia di attività estrattive da essi avviati alla data del 31 dicembre 2015, mentre le funzioni di vigilanza su cave e torbiere sono esercitate da Province e Città metropolitana anche in relazione ai siti i cui procedimenti sono già stati avviati dai Comuni entro la medesima data.


Contro il gioco d’azzardo patologico

È cominciata giovedì 21 aprile in Aula la discussione sul Testo unificato del disegno di legge proposto dalla Giunta regionale e del disegno di legge presentato dal gruppo Forza Italia sulla prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico in Piemonte.

Il provvedimento – frutto dell’impegno del gruppo di lavoro costituito da componenti delle Commissioni III (Commercio) e IV (Sanità) e licenziato dalle Commissioni all’unanimità – è stato illustrato dai relatori di maggioranza, appartenenti ai gruppi Pd e Sel, e di minoranza, appartenenti ai gruppi di FI e del M5S.

Tra le novità più rilevanti, la previsione del Piano triennale integrato per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico che il Consiglio regionale dovrà approvare, su proposta della Giunta, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge. Il Piano dovrà – tra l’altro – promuovere interventi per aumentare la consapevolezza sulla dipendenza correlata al gioco per i giocatori e le loro famiglie; favorire un approccio consapevole, critico e misurato al gioco; informare sull’esistenza di servizi di assistenza e cura svolti da soggetti pubblici e del terzo settore sul territorio regionale e sulle modalità d’accesso; informare i genitori e le famiglie sui programmi di filtraggio e blocco dei giochi on line; prevedere interventi di formazione e di aggiornamento, obbligatori ai fini della prosecuzione dell’attività, per i gestori e il personale delle sale da gioco e delle sale scommesse e pianificare campagne annuali d’informazione sui rischi e sui danni derivanti dalla dipendenza dal gioco.

Per tutelare determinate categorie di soggetti maggiormente vulnerabili e per prevenire il disturbo da gioco – poi – è vietata la collocazione di apparecchi per il gioco in locali che si trovino ad una distanza, misurata in base al percorso pedonale più breve, non inferiore a trecento metri per i Comuni con popolazione fino a cinquemila abitanti e non inferiore a cinquecento metri per i Comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti da istituti scolastici di ogni ordine e grado, centri di formazione per giovani e adulti, luoghi di culto, impianti sportivi, ospedali, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-sanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile ed oratori, istituti di credito e sportelli bancomat, esercizi di compravendita di oggetti preziosi ed oro usati, movicentro e stazioni ferroviarie. Per esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica – poi – entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge i Comuni dovranno disporre limitazioni temporali all’esercizio del gioco tramite slot machine per una durata non inferiore a tre ore nell’arco dell’orario di apertura previsto, all’interno delle sale da gioco, delle sale scommesse, degli esercizi pubblici e commerciali, dei circoli privati e di tutti i locali pubblici o aperti al pubblico.

Ai fini della tutela della salute e della prevenzione della dipendenza da gioco è inoltre vietata qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio delle sale da gioco, delle sale scommesse o all’installazione degli apparecchi per il gioco presso gli esercizi pubblici e commerciali, i circoli privati e i locali pubblici e la Regione promuoverà accordi con gli enti di esercizio del trasporto pubblico locale e regionale per favorire l’adozione di un codice di autoregolamentazione che vieti la concessione di spazi pubblicitari relativi al gioco a rischio di sviluppare dipendenza sui propri mezzi di trasporto.

Il relatore del Pd ha sottolineato che il provvedimento riguarda una patologia riconosciuta – la ludopatia – la cui cura è prevista nei livelli essenziali di assistenza. “In Piemonte – ha aggiunto – si stima in 5 miliardi di euro annui il fatturato del gioco d’azzardo legale: un giro di soldi che non produce benefici e valori e che non genera un’economia al servizio dell’uomo. Approvando questa legge affianchiamo di fatto i Comuni nell’assumere delibere sulla distanza minima delle sale gioco da luoghi sensibili, sulla limitazione degli orari e sul divieto di pubblicizzare nuove aperture”.

Il relatore del gruppo Sel ha evidenziato come l’Italia sia passata in pochi anni dall’avere un esiguo numero di locali dedicati alle scommesse legali all’esserne quasi travoltanori. “Accettare la sfida del gioco legale – ha ammonito – non significa permetterne una liberalizzazione sregolata e incontrollata. Il provvedimento in discussione prevede, tra l’altro, un aumento dell’Irap dello 0,92% per i locali che ospitano slot machine e una riduzione dello stesso valore per chi ha deciso di non averne. Il fatto che nessuno si sia lamentato fa capire che i guadagni sono ingenti”

Per il relatore di FI il Consiglio regionale sta facendo ciò che lo Stato non ha avuto il coraggio di fare, dal momento che la legalizzazione del gioco d’azzardo non ha visto un solo provvedimento andare nella direzione della tutela dei cittadini. “È evidente – ha sottolineato – che è una battaglia non solo culturale ma anche politica: per questo abbiamo ritenuto di formulare un provvedimento che stesse entro i limiti dati dalla legislazione e non rischiasse di essere impugnato dal Governo”.

Il relatore del M5S ha definito il testo unificato “una buona sintesi tra varie proposte della maggioranza e dell’opposizione. La dimostrazione che quando c’è da superare problema condiviso si lavora bene e si mettono da parte molti pregiudizi. Siamo riusciti ad aggirate le norme di liberismo liberticida che non permettono qauasi più a Regioni e Comuni di regolamentare la vita pubblica, perché l’iniziativa economica è libera ma non deve entrare in conflitto con la quiete sociale, la sanità e la sicurezza. Purtroppo ben poco possiamo fare contro il problema del gioco on line, difficile da normare”.

Nel dibattito generale sono intervenuti due consiglieri del Pd. La discussione riprenderà nelle prossime sedute dell’Assemblea.


Interrogazioni e interpellanze

Asl At e Al, sì ai doppi incarichi retribuiti?

L’assessore alla Sanità Antonio Saitta ha risposto all’interrogazione n. 902 presentata dal consigliere Gian Luca Vignale (FI) per sapere se: il conferimento di un doppio incarico da parte di due aziende sanitarie locali sia in linea con le normative vigenti; l’incarico risponda alle esigenze di riduzione dei costi; la corresponsione di un importo pari a circa il doppio dell’indennità spettante ai direttori di dipartimento, sia giustificabile per un dirigente che governa un dipartimento articolato su un’unica struttura complessa; questa amministrazione ritenga eticamente corretta la convenzione siglata.

Saitta ha risposto che nel caso di specie si è al di fuori degli ambiti previsti dalla legge in materia di inconferibilità ed incompatibilità, perché trattasi di accordi tra aziende sanitarie, espressamente previsti dalla normativa contrattuale vigente, non essendo stata costituita un’unica struttura Sert per le due aziende, fino al termine del periodo di sperimentazione, ciascuna Asl è dotata di un proprio servizio. Finita la fase sperimentale le due Asl, con la Regione, adotteranno le soluzioni che riterranno più opportune, sia in termini di costi che di funzionalità del servizio.


Interrogazioni a risposta immediata

Sostegno malati Sla

L’assessore alle Politiche sociali Giorgio Ferrari per conto dell’assessore alla Sanità Antonio Saitta, ha risposto all’interrogazione n. 1018 sul sostegno ai malati di Sla, presentata dalla consigliera Stefania Batzella (M5S).

“La delicata questione sulla Sla – ha evidenziato l’assessore – è all’attenzione della Regione da diversi anni. Fin dal 2009, infatti, il Piemonte ha individuato nel fondo nazionale per la non-autosufficienza una somma destinata ai malati di Sla, finalizzata al sostegno, attraverso assegni di cura. La quota è stata concordata con tutte le associazioni dei malati di Sla. Il prossimo 4 maggio, inoltre, è previsto un incontro per chiedere alle Asl piemontesi di individuare il livello di gravità dei soggetti in lista di attesa e risolvere in mondo concreto il problema delle liste stesse”.


La settimana in Commissione

II Commissione (Pianificazione territoriale e Urbanistica)

Diffusione in Piemonte della Banda ultra larga (Bul)

Le Commissioni II (Urbanistica e territorio) e III (Industria e lavoro) si sono riunite in seduta congiunta, il 20 aprile, per audire i rappresentanti della Fondazione Torino Wireless e ascoltare l’informativa dell’assessore regionale alle Infrastrutture in merito allo stato di attuazione del piano per la diffusione della Banda ultra larga (Bul).

Dopo aver precisato che i piani di diffusione della Bul, a livello comunitario e nazionale, si basano sugli obiettivi strategici contenuti nell’Agenda digitale europea per il 2020, i rappresentanti della Fondazione Torino Wireless hanno evidenziato quanto rimane da realizzare: un’infrastruttura backbone regionale, nodi di Internet exchange e dorsali in fibra ottica provinciali.

L’accordo quadro Stato-Regioni, firmato nel febbraio scorso, stabilisce che l’intervento pubblico si occuperà delle zone cui non hanno interesse gli operatori privati attraverso fondi nazionali e regionali con un totale – per il Piemonte – di circa 284 milioni di euro, di cui 90 regionali. Occorrerà – a questo proposito – omogeneizzare i criteri di priorità indicati per i fondi europei con le logiche d’intervento funzionali all’attivazione dei servizi Bul. Si darà comunque priorità ai Comuni che hanno sottoscritto accordi e con Infratel e con il Ministero delle Infrastrutture.

La fase I prevede la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura passiva; la fase II la gestione, la manutenzione e la commercializzazione dell’infrastruttura passiva. Entrambe le fasi sono oggetto dell’accordo tra Ministero e Regione e potranno essere attuate mediante procedure di gara a livello regionale o pluriregionale.

L’assessore alle Infrastrutture ha invece evidenziato che è stata l’Ue a chiedere al Governo italiano un piano unitario nazionale per accedere ai finanziamenti e che l’accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni con il Governo prevede che, se quanto stanziato si rivelerà insufficiente, si potrà attingere ai residui della delibera Cipe del luglio scorso. Per quanto riguarda le strutture in-house, inoltre, ogni Regione ha chiesto di coinvolgere le proprie, ma il Governo ha comunicato che tale scelta va notificata all’Ue come regime d’aiuto e vale per i soli fondi gestiti da Ministero e Infratel. I bandi – presumibilmente pluriregionali – li farà Infratel e la Regione avrà la garanzia che tutto il territorio sarà coperto. La preoccupazione fondamentale – ha confidato l’assessore, auspicando nuovi confronti con le Commissioni consiliari – è il fatto che si tratta di un lavoro estremamente complesso e che richiede diversi tipi di professionalità, specializzazioni e competenze e che l’Ue non chiede solo di posare fili di fibra ma di far sì che i cittadini si connettano realmente alla Rete e usufruiscano dei servizi approntati.

Diverse domande sono state poste da consiglieri dei gruppi Pd, M5S e FI.

IV Commissione (Sanità e assistenza)

Audizioni comitato salute mentale e clinica Sant’Anna

La Commissione Sanità ha svolto due audizioni nel pomeriggio del 21 aprile: il Comitato per la salute mentale in Piemonte per affrontare alcune criticità e a seguire la sindaca del Comune di Casale Monferrato Concetta Palazzetti e del primo firmatario della petizione popolare contro la chiusura delle attività interventistiche presso la clinica Sant’Anna, Giorgio Demezzi.
La portavoce del Comitato salute mentale, Laura Facchin, ha tracciato un breve quadro delle attività della realtà che coinvolge cittadini, associazioni, familiari dei pazienti e rappresentanti di organizzazioni professionali. Le attività del Comitato si muovono secondo alcuni criteri fondamentali: la persona al centro e non la malattia, priorità ai giovani e servizi orientati sui bisogni dei pazienti.
Dall’altra rappresentante presente, Carla Soldi, è arrivata la critica per i mancati incontri con l’assessorato su una tematica fondamentale per pazienti e famiglie.
Dopo gli interventi dei consiglieri Nino Boeti (Pd), Davide Bono (M5S), Gianluca Vignale (Fi), Marco Grimaldi (Sel) e Mario Giaccone (Chiamparino per il Piemonte), la portavoce Facchin ha messo l’accento sulla necessità di ripensare le comunità residenziali e di dislocare i fondi anche su domiciliarità, borse lavoro per i pazienti e reinserimento in società.

Sulla riconversione della Clinica Sant’Anna, il consigliere comunale Giorgio Demezzi, presentatore della petizione popolare che ha raccolto 7579 firme di cittadini del territorio, ha illustrato la posizione circa le ricadute della decisione sul sistema sanitario casalese: nessun miglioramento per l’ospedale, lunghissime liste di attesa fino a un anno per gli interventi ordinari.
Per la sindaca Palazzetti la clinica è una “tradizione” fin dagli anni Cinquanta per i cittadini casalesi, le decisioni sul Sant’Anna e i tagli portati all’ospedale hanno reso più bassa la qualità umana del rapporto con i cittadini. Sullo stesso ospedale, sempre secondo la sindaca, gravano confusioni sul bilancio e sull’organizzazione, problemi di spazio per la psichiatria e necessità di assunzioni medico-infermieristiche.
In conclusione di audizione, il presidente della Commissione Domenico Ravetti si è impegnato a garantire attenzione alle problematiche del casalese e proseguire il dibattito con tutti i soggetti del territorio.
Durante la seduta sono intervenuti i consiglieri Paolo Mighetti (M5S) e Massimo Berutti (Fi).

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