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Eccessivi carichi di lavoro; tempistiche ristrette; cattivi rapporti con i colleghi; condizioni ambientali difficili e persino ansia da prestazione. In ufficio; come in fabbrica o nei cantieri; questi sono problemi che affliggono gran parte dei lavoratori. Per questo nel 2008 il decreto legislativo 81 stabilì l’obbligo per il datore di lavoro di monitorare; oltre ai rischi oggettivi; anche la pericolosità dello stress a cui sono sottoposti i dipendenti. Un provvedimento socialmente avanzato; nato per tutelare la salute dei lavoratori; che però trova ancora scarsissima applicazione nelle aziende.

Pochi i controlli- A scoprirlo è uno studio nazionale realizzato dal dipartimento di prevenzione della Asl Roma H; i cui dati conclusivi parlano chiaro: appena il 20 per cento delle piccole e medie imprese italiane osserva il decreto; malgrado la legge imponesse come termine ultimo per l’adempimento il 31 dicembre 2010. Del resto; poi; anche le Asl sembrano essersi dimenticate del provvedimento. “Solo durante un’ispezione su due viene chiesta al datore di lavoro l’attestazione sulla valutazione dello stress”; spiegano al dipartimento.

Incentivi alle imprese- Poiché c’è anche un problema di costi; a essere in ritardo sarebbero soprattutto le piccole e medie imprese; ma anche il settore pubblico (ospedali e scuole) e militare. Le cose vanno meglio nelle grandi società e nelle multinazionali. Per Fulvio D’Orsi; direttore del Servizio prevenzione esicurezza negli ambienti di lavoro (Spresal) della Asl Roma C; occorrerebbe “un sistema che incentivi le imprese e le premi senza spaventarle e dando a tutti la certezza di quello che bisogna fare”.

Il problema è reale. Secondo gli ultimi dati Istat; sono oltre 4 milioni gli italiani che si sentono a rischio stress sul posto di lavoro; circa il 21 per cento del campione intervistato; con una percentuale superiore di oltre due punti per le donne. Quanto al ruolo ed alla mansione ricoperti dagli intervistati; sono i dirigenti a sentirsi più stressati (quasi 4 su dieci); seguiti dagli impiegati (29;1%) e dagli operai (10;3%).

Scarsa sensibilità- Il senso della legge è prevenire un rischio che può tradursi in autentico danno per la salute e provocare quindi; oltre agli effetti negativi sulle persone; anche dei costi e una perdita di produttività per l’azienda. “Così com’è; la valutazione dei rischi – sottolinea l’esperto – rimane un fatto prevalentemente formale. Non è considerata uno strumento per attuare le misure di prevenzione; ma per certificare spesso in modo poco veritiero l’assenza di rischio”. Di conseguenza; anche la partecipazione dei lavoratori ai controlli di sicurezza “è ancora scarsa e conflittuale”.

Come procedere -In base alla legge; il datore di lavoro deve procedere alla redazione del “Documento di valutazione dei rischi da stress”; avvalendosi dell’ausilio del responsabile del servizio di prevenzione e protezione con il coinvolgimento del medico competente; laddove presente; e previa consultazione del rappresentante dei lavoratori. Inoltre; dal 30 giugno 2012 le aziende con meno di 10 lavoratori non potranno più autocertificare la valutazione del rischio; come previsto finora; ma dovranno seguire le procedure standardizzate.

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