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È morto Giulio Andreotti, la rete si è riempita di giubilo e commenti dissacranti. Non è ipocrisia, ma ci sono valori che non si possono ignorare e quando si perdono si perde innanzitutto la propria dignità.
Ragioniamo per paradosso: seppur dessimo per scontato che Giulio sia stato, il belzebù, il politico colluso con la mafia, ignorando quanto emerso dalla sentenza dell’ultimo grado di giudizio, dovremmo ammettere almeno che non si è mai fatto una legge per il legittimo impedimento e ha presenziato alle udienze per dieci anni non perdendone una, è stato uno statista che ha saputo tenere le fila contemporaneamente di Vaticano, Urss, Medio Oriente e Usa.
Continuiamo nel paradosso: lui, uno, colluso con la mafia ma intelligente, coltissimo ed ironico, altri, decine, oggi, indagati e seduti in parlamento, ma anche scarsamente intelligenti, ignoranti e arroganti. Come direbbe il compianto Catalano: “Qual è il male minore?”
Riposi in pace, la morte è una meravigliosa “livella” e nel momento della morte tutti i giudici e i giudizi terreni abdicano per lasciare spazio a un giudizio superiore ed infinito; noi piccoli uomini inchiniamoci davanti alla morte e ritroviamo il pudore di essa ed il rispetto perché oggi non ci appartiene ma un giorno sarà anche nostra.
Andreotti non querelò mai nessuno per le vignette e la satira che accompagnarono la sua vita, proviamo a comportarci con gusto, intelligenza ed eleganza nella celebrazione della satira maxima: la morte.

Fausta Dal Monte

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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