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“Quelli che il cabaret” per ripercorrere una carriera di successo, frutto di tanta gavetta e incontri straordinari tra grandi artisti

La coppia che in Italia ha fatto la storia della comicità negli ultimi 50 anni, protagonista al Teatro Alessandrino

cochi-e-renato-grandeCesenatico, metà anni ’60: allora partivate da Milano con una Fiat 1100 e andavate all’Hotel Internazionale e al Peccato Veniale, entrambi gestiti da Giorgio Ghezzi, l’indimenticabile portiere di Inter e Milan negli anni ’50 e ’60…
(mi interrompe subito Renato, con una delle sue frasi ‘proverbiali’): …Siii, eeesatto!

Quanto sono stati importanti per voi questi anni di gavetta?
Renato: Tantissimo! Alla fine della serata da ballo facevamo un po’ di cabaret e cantavamo delle canzoni insieme a Lino Toffolo, Bruno Lauzi ed altri amici: tu pensa che noi, per sbarcare il lunario, preparavamo anche i panini e poi li distribuivamo (sorride, ndr.). Ci siamo divertiti tanto, perché lì in vacanza c’erano anche Dario Fo e Franca Rame: poi ci trovavamo in spiaggia tutti insieme la mattina dopo.
Cochi: Mi ricordo che a Cesenatico siamo andati già nel ’64, quindi figurati quanti anni sono passati! Un periodo felicissimo, anche perché come tutti i romagnoli, così ospitali e simpatici, ci siamo creati subito tante amicizie… ragazzi e ragazze… (sorride sornione, ndr.). Come ha detto Renato, lì c’era Dario Fo e successivamente è venuto a fare le vacanze anche Enzo Jannacci.

Arriviamo agli anni della TV con “Quelli della domenica” e “Il poeta e il contadino”: all’inizio il pubblico non era molto preparato a questo tipo di comicità surreale che proponevate insieme a Jannacci, ma in breve tempo le cose cambiarono notevolmente…
Renato: In effetti, all’inizio il pubblico più adulto ci guardava con gli occhi sbarrati e non capiva cosa dicessimo. I più giovani, invece, hanno subito abbracciato il nostro modo di fare e questa è stata la nostra fortuna…
Cochi: …e infatti quella è poi stata la nostra epoca d’oro! Rivedendo i filmati di quel periodo si nota l’entusiasmo della nostra giovinezza: eravamo pimpanti e pieni di energia. Con Jannacci eravamo sempre insieme e Giorgio Gaber mi ha insegnato a suonare la chitarra: gli sono ancora oggi molto grato.

Capitolo Cinema. Con Renato vorrei ricordare almeno due momenti: la poesia struggente del film “Oh, Serafina!” diretto da Alberto Lattuada e la scena cult in “Sono fotogenico” di Dino Risi, con il protagonista che durante un provino continua a fare sempre la stessa espressione…
Renato: Si, esatto: Lattuada aveva una casa sul lago Maggiore ed è stato lì che abbiamo preparato “Oh, Serafina!”. È stato un po’ tribulato girare le scene perchè, come ricorderai, nel film c’erano tanti uccelli che, per un po’ di tempo sono stati tenuti con una rete, perché si abituassero alla mia presenza…

…infatti, il protagonista di questa favola ecologica era una sorta di San Francesco dei tempi moderni…
Renato: È vero: per me Lattuada è stato un ‘Maestro’ e ho un bel ricordo: tra l’altro, in quella circostanza, siamo restati nella sua casa almeno un paio di mesi.

In realtà, il binomio Cochi e Renato non ha smesso di esistere: penso ad esempio a film come “Luna di miele in tre”, “Telefoni bianchi” o “Saxophone”, la cui regia è stata curata dallo stesso Renato, con una menzione d’onore per una splendida Mariangela Melato…
Cochi: Certo… Beh, ci sono state varie occasioni in cui abbiamo fatto delle cose insieme, anche in film ad episodi come ‘Sturmtruppen’. Poi io ho continuato a fare tanto teatro e sono un po’ sparito dai teleschermi e dai grandi schermi: infatti pensavano che fossi morto (risate generali, ndr.). In ‘Saxophone’ c’erano tanti nostri amici: Felice Andreasi, Massimo Boldi, Teo Teocoli…
Renato: È vero, abbiamo fatto un po’ di film insieme, poi Cochi si è dedicato di più al teatro, mentre io ho continuato con il cinema: nel 2000 ci siamo rincontrati, abbiamo fatto una tourné di teatro e da allora non ci siamo più fermati.

A questo punto vi chiedo: cosa vi spinge a restare ancora dopo tanti anni sulla breccia? L’amicizia tra di voi, l’entusiasmo, il grande successo che continuate ad avere o cos’altro?
Cochi: Alla base tutte queste cose, sicuramente. E poi l’affluenza del pubblico, che ci consente di continuare: senza quello non potremmo andare avanti. Ma la soddisfazione più grande è quella che ci danno i giovani che ci hanno conosciuto attraverso i loro genitori o vedendo i filmati in bianconero alla televisione o su youtube: a volte ci portano da autografare dei libri di 30 o 40 anni fa e vediamo che li custodiscono davvero come dei veri e propri cimeli!

Gianmaria Zanier

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