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Alla vigilia del Brasile, la nostra intervista all’azzurro mondiale che con Zoff, Cabrini, Scirea, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani fece sognare l’Italia

“L’Italia deve passare il primo turno: poi, come sempre, emergeranno i veri valori e tutto potrà essere possibile”

CollovatiL’appuntamento è imperdibile: poter parlare telefonicamente con Fulvio Collovati, Campione del Mondo con la Nazionale nel 1982.
Dopo 3 pareggi, l’Italia si sbloccò contro l’Argentina di Maradona e Kempes: chiaramente fu poi la partita contro il Brasile a consacrarci definitivamente. La formazione verdeoro era davvero molto forte, con campioni come Falçao, Junior, Socrates, Cerezo, Zico… Erano sicuri di passare il turno e non hanno affrontato quella gara con la giusta umiltà, diventando così vulnerabili. Noi siamo stati bravi ad approfittarne, anche perché le maglie della difesa brasiliana erano molto ‘larghe’ e Paolo Rossi fu straordinario nel segnare i 3 gol che tutti ricordiamo. Una partita memorabile, che ci diede lo slancio per arrivare fino in fondo e conquistare il Mondiale nella Finale vinta 3-1 contro la Germania.

Erano gli anni in cui i giocatori scendevano in campo con le maglie dall’1 all’11 e le formazioni delle squadre erano veri e propri paradigmi: Zoff, Gentile, Cabrini; Oriali (Bergomi), Collovati, Scirea; Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani (Altobelli). Allenatore: Bearzot. Era un calcio più umano e meno esasperato?
In parte si, anche se in fondo i calciatori di oggi sono figli dei nostri tempi. Non è che noi eravamo diversi, è che c’era veramente il contatto diretto con la gente: i campioni c’erano anche allora, ma veniva data a tutti la possibilità di esprimersi. Ora, per un tifoso o per i media è difficile avvicinare i calciatori: viene chiamata in causa la privacy, però poi un giocatore attraverso twitter o facebook porta alla ribalta anche tutto ciò che succede fuori dal campo e questa è una contraddizione molto evidente.

Un piccolo passo indietro per ricordare la sua prima grande soddisfazione: lo scudetto con il Milan di Rivera, Albertosi, Bigon, Capello…
Quello fu lo scudetto della ‘Stella’: un Milan tutto italiano, con tanti giocatori provenienti dal settore giovanile come me, Franco Baresi, Maldera, De Vecchi, che poi hanno fatto tutti un’ottima carriera. Forse sarebbe il caso di riflettere sulla possibilità di rilanciare una volta per tutte i settori giovanili: si può costruire una squadra anche senza spendere eccessivamente. Sinceramente, più ancora degli anni di Serie A, rimpiango quelli vissuti nel settore giovanile: è lì che mi sono stati inculcati determinati valori e regole di vita che mi servono tutt’ora e mi piacerebbe che oggi un giovane potesse fare lo stesso tipo di percorso.

L’allenatore era il grande Liedholm: quando è mancato, a Cuccaro Monferrato dove il ‘Barone’ aveva un’azienda agricola, c’erano davvero tante persone a rendergli omaggio.
Un maestro di calcio, soprattutto per i giovani. In questi giorni si sta giustamente celebrando la vittoria in Champions League del Real Madrid di Ancelotti… Ecco, Ancelotti è una creatura di Liedholm e da allenatore, evidentemente, ha seguito i consigli del Mister svedese.

Infatti nelle prime interviste rilasciate dopo la vittoria, Ancelotti ha avuto modo di ricordarlo insieme all’altro grande maestro Sacchi. A proposito di interviste… Recentemente ho rivisto un filmato della Domenica Sportiva del 1984, con Giampiero Galeazzi che sale sul pullman dell’Inter: prima fa un’intervista doppia a lei e Bergomi (ora siete entrambi apprezzati opinionisti) e poi si sofferma su Mister Castagner, con Mandorlini seduto vicino a lui… L’attuale Mister del Verona stava già studiando da futuro allenatore?
Mandorlini era sempre in stanza con me: quindi posso confermare quanto già allora fosse predisposto caratterialmente a fare l’allenatore. Lo desiderava fortemente e ci è riuscito: il suo successo attuale, al di là della bravura, deriva anche da questo.

So che anche l’indimenticato Signorini era suo compagno di stanza con il Genoa, dopo l’esperienza vissuta entrambi a Roma: qui ad Alessandria, qualche anno fa ha giocato il figlio Andrea…
Ho conosciuto personalmente il figlio di Gianluca: un bravissimo ragazzo e un buon giocatore. Magari non riuscirà ad arrivare ai livelli del padre ma è un bel segnale di continuità: certo, Gianluca è stato davvero sfortunato e lo ricordiamo tutti con grande affetto.

Per quanto riguarda Mister Bagnoli, proprio recentemente ho avuto modo di ricordare con Gigi Manueli questo signore quasi sempre in tuta, di poche parole, ma di tantissima sostanza…
Bagnoli è stato un personaggio atipico nel mondo del calcio: aveva già vinto uno scudetto con il Verona, ma anche successivamente aveva mantenuto una grande umiltà e un culto del lavoro esemplare. Ha fatto molto bene anche all’Inter, ma quando ha capito che il calcio stava andando in una direzione diversa, ha deciso di smettere molto prima rispetto a tanti altri suoi colleghi e questo gli fa onore.

Ultima domanda: come vede la Nazionale nell’imminente Mondiale in Brasile?
L’Italia deve passare il primo turno: poi, come sempre, emergeranno i veri valori e tutto potrà essere possibile.

Gianmaria Zanier

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