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Nel 2010 oltre quattromila medici che lavoravano nelle strutture pubbliche hanno appeso il camice al chiodo e sono andati in pensione. È quanto risulta dalle tabelle dell’Inpdap; secondo l’agenzia Adnkronos Salute. I medici in fuga; per l’esattezza; sarebbero 4.144; di cui 3.337 uomini e 807 donne. Un vero boom di uscite; se si considera che nel biennio precedente (2008-2009) il numero dei pensionamenti tra i medici si era sempre mantenuto stabile intorno ai 2.700 l’anno.

Il dato; già di per sé clamoroso; assume una rilevanza maggiore anche per la sua distribuzione omogenea in tutte le regioni. I dati Inpdap dimostrano infatti che; con la sola eccezione della Valle d’Aosta; l’impennata si è registrata in tutte le regioni. A spiegare le dimensioni di questo “esodo”; che in prospettiva fa temere per una carenza di medici; sono diversi elementi. Il fatto; però; che la fuga si sia concentrata nell’arco degli ultimi 12 mesi tira in ballo le scelte del governo negli ultimi anni; spesso denunciate dai sindacati di categoria: contratto bloccato; retribuzione congelata; nuove norme penalizzanti sulle pensioni. E ancora; il blocco del turnover che porta a turni sempre più pesanti e l’assegnazione di compiti “burocratici” sempre più ingombrante.

Che sia questo clima a giocare un ruolo decisivo nella fuga dagli ospedali è confermato dai principali sindacati di settore; Anaao Assomed e Fp Cgil medici. Per il segretario nazionale dell’Anaao; Costantino Troise; le “condizionidi lavoro più gravose e più rischiose; anche per l’aumentare del contenzioso medico-legale; spingono i medici del sistema sanitario nazionale ad abbandonare il posto di lavoro all’età di 61-62 anni; o anche prima se la situazione previdenziale lo consente”. Dello stesso avviso il segretario nazionale della Cgil medici; Massimo Cozza: “Questi dati sono la prova del disagio e del malessere che c’è nella categoria; continuamente attaccata. E allora per molti l’unica via di uscita è la pensione”.

Secondo il presidente nazionale del Cimo; Riccardo Cassi; “è arrivato il momento di cambiare lo stato giuridico della professione; per restituire al medico un ruolo centrale nel sistema sanitario; di modificare la formazione e l’accesso al servizio; di ricreare una carriera professionale e meritocratica; di adeguare la responsabilità e la colpa professionale alla nuova realtà sociale”. “La politica – aggiunge Cassi – fino ad oggi non ha risposto o ha risposto in modo sbagliato; come con il Ddl sul governo clinico; da oggi; a fronte di questa fuga in massa dal servizio pubblico; il recupero della professione medica entra con forza tra le riforme delle quali il nostro Paese ha bisogno con urgenza”.

Non è dello stesso parere il ministro della Sanità; Ferruccio Fazio: “Sappiamo che in futuro ci saranno meno medici nel nostro Paese rispetto a oggi – dice il ministro – . Ma non siamo preoccupati. Perché il numero è superiore alla media Ocse”.

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