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«Sono stato assolto da tutte le accuse con la formula “perché il fatto non sussiste”. Come ho sempre detto, avevo fatto nulla di illecito e i giudici lo hanno certificato. Per me e la mia famiglia finisce un periodo di preoccupazioni che certo non ci eravamo meritati. Ora in molti dovranno andare a rivedersi le proprie dichiarazioni nei miei confronti. E magari neppure basterà». Paolo Ricagno, attuale presidente della Cantina Vecchia Alice e Sessame e del Consorzio del Brachetto d’Acqui, già a capo, per diversi mandati, anche del Consorzio dell’Asti, commenta così la notizia di assoluzione dalle accuse di falso e abuso in atti d’ufficio che gli erano state mosse tempo fa.

La questione riguardava l’eventuale ingresso della città di Asti nell’area di produzione delle uve moscato docg, oggi limitata a 52 Comuni tra le province di Asti, Alessandria e Cuneo. Ricagno, da parte sua, l’aveva proposta al Comitato Vitivinicolo Nazionale, portando a sostegno documenti, secondo le accuse, falsati. Per questo era stato denunciato e rinviato a giudizio. I media allora parlarono di “carte false per il Moscato”.

«Niente di tutto ciò – afferma ora Ricagno -. Già all’epoca avevo chiarito di essermi mosso, in qualità di presidente del Consorzio dell’Asti, solo ed esclusivamente nell’interesse dell’ente, della denominazione e della filiera. L’unico mio scopo era evitare, come è già accaduto per altri vini italiani, che qualcuno mettesse in forse il comparto per il fatto che la città che dà il nome al vino, Asti, non è compresa nell’area di produzione delle uve da cui si ottiene il vino, come, del resto, contemplano le leggi europee. Ha vinto la giustizia. I giudici hanno capito la mia buona fede e mi hanno assolto. Ora – annota Ricagno – ho intenzione di impegnarmi, come ho sempre fatto, per risollevare le sorti dell’Asti docg che in questi quattro anni sono precipitate in una crisi nerissima. Sono convinto che da questo tunnel si possa uscire alla grande e io, tutti ne siano certi, farò la mia parte».

G.P.

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