dialessandria.it - no photo
dialessandria.it - no photo

Questo weekend di luglio si presenta, in quanto a uscite, un po’ meno ricco di quello precedente. Segnaliamo solo due pellicole, la prima è il blockbuster Spider-Man: Homecoming, per la regia di Jon Watts, qui anche sceneggiatore, appositamente progettato e realizzato per catturare l’interesse e la fantasia di un pubblico adolescenziale, o – in ogni caso – affezionato ai prodotti di intrattenimento della Marvel (infatti le avventure del giovane Spider-Man/Peter Parker sono calate all’interno del “Marvel Cinematic Universe”). Dopo la straordinaria esperienza con gli Avengers Peter (Tom Holland) è talmente entusiasta da accarezzare seriamente l’idea di divenirne parte. Deve vedersela, però, con un feroce e implacabile nemico, “l’Avvoltoio” (Michael Keaton), furioso con gli Avengers che gli hanno sottratto un affare importante e remunerativo. Il target principale di riferimento di questo nuovo episodio della saga di Spider-Man è ben sintetizzato da ciò che la cultura americana chiama “homecoming”, cioè una rimpatriata, un raduno di ex studenti che si ritrovano dopo un viaggio o una trasferta. In questo caso il plot prevede il trasferimento di una squadra della scuola frequentata da Peter dal Queens in direzione Washington. Il film è un perfetto ma prevedibile e già sperimentato meccanismo a orologeria: spicca, nelle diverse caratterizzazioni dei personaggi, quella di Michael Keaton, un cattivo assolutamente non monolitico, sfaccettato e persino con qualche ragione abbastanza comprensibile alla base del suo deprecabile agire. Afferma l’attore stesso: «ci sono alcuni aspetti del personaggio che ti fanno dire ‘Sai una cosa? Penso di capire il suo punto di vista’. […] E ciò lo rende un personaggio interessante da interpretare».

In Dopo l’amore il regista Joachim Lafosse (Proprietà privata, Les Chevaliers blancs), specializzato nell’esplorazione delle dinamiche interpersonali e di coppia, racconta con toni e ambientazioni bergmaniane la stanca fine della relazione matrimoniale tra Marie (Bérénice Béjo) e Boris (Cédric Kahn). Dopo quindici anni di vita di coppia e l’aver messo al mondo due figlie, sembra che l’amore sia arrivato al capolinea, tra recriminazioni e accuse reciproche, incomprensioni e distanze sempre più incolmabili. Costretti a una coabitazione forzata nonostante la decisione di divorziare, a causa dello stato di disoccupazione di Boris che non gli permette di cercarsi una nuova casa, proprio quest’ultima diventa l’oggetto del contendere, fragile paravento per ben altre e più gravi ragioni di una separazione annunciata. Sarà, invece, l’irrompere di un fattore esterno, legato alla vita delle figlie, a indicare alla coppia in crisi una possibile via di uscita dallo stallo. Film da camera, rarefatto, molto dialogato, preciso e chirurgico nella dissezione di emozioni, sentimenti, pensieri di un uomo e una donna ormai prossimi all’addio, Dopo l’amore immerge noi spettatori in una cornice intimista e domestica, ovattata e conflittuale, dispiegando valori e retroscena della cosiddetta “economia di coppia” (quella che offre il titolo alla storia nella versione originale francese). Ottimi i due interpreti principali, capaci di immedesimarsi in Marie e Boris con un naturalismo interpretativo che strappa più di un applauso.

Barbara Rossi