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Il 4 dicembre 2015, molti genitori facenti parte di movimenti quali “Provita Onlus” e “Giuristi per la vita” hanno deciso di indire uno “sciopero morale”, astenendo i propri figli dall’andare a scuola, per protestare contro la “Teoria del Gender”, ovvero un insieme di leggi, ideologie e provvedimenti che ha fatto molto parlare di sé sin dall’inizio di questo nuovo anno scolastico.
Il fervore mediatico e delle coscienze scatenatosi intorno a questa teoria è iniziato quando la vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, ha depositato un DDL che favorirebbe l’insegnamento dell’educazione di genere nelle scuole. Un concetto nuovo ed innovativo per la scuola italiana, votato al superamento degli stereotipi sessisti che affliggono ancora la formazione dei “nuovi adulti”. Un bel tentativo del governo, purtroppo mal gestito dai partiti e dall’avventatezza di giudizio del popolo.
Alla base delle numerose proteste e delle cocenti indignazioni, vi è un grosso malinteso. “L’educazione di genere” è stata confusa dai più con una bieca e maligna propaganda attuata dalla comunità LGBT per distorcere l’identità sessuale dei bambini, cancellando le differenze fra uomo e donna, plasmando una sessualità e un ruolo sociale devianti e nocivi. Negli articoli e nei documenti diffusi dalle associazioni contro la teoria gender vengono descritte pratiche e insegnamenti improbabili, ipoteticamente già messi in atto nelle scuole italiane: corsi di masturbazione nella scuola dell’infanzia, bambini obbligati a giocare con giocattoli pensati per le bambine, bambini truccati da donna e altri astrusi metodi educativi che terrorizzerebbero anche i genitori più progressisti. La feroce e invasiva strumentalizzazione della paura e della disinformazione ha creato una reazione ostinata e contraria senza precedenti, nel nome della “offesa moralità” e della “sacralità della famiglia”.
Ciò che purtroppo è stato affossato dalla foga e dai pregiudizi è il punto di partenza del DDL , vale a dire il vero significato di “Gender Studies”. Nati in America alla fine degli anni ’70, gli studi di genere rivoluzionarono il modo di pensare i ruoli maschili e femminili della società occidentale, prendendo spunto dalla filosofia decostruzionista francese e dalla psicologia lacaniana. Ciò che il DDL vuole promuovere attraverso questa ideologia è la libertà di scelta, ma non quella dissennata e pericolosa millantata dai nostri attivisti; una libertà consapevole delle possibilità di vita non in base al genere imposto dalla società (veicolato dal sesso di nascita) ma dalle potenzialità che ciascun individuo ha come persona. I bambini, educati al rispetto della diversità e spronati ad andare oltre gli stereotipi culturali, vivranno più liberamente il loro “essere umani”, senza aver paura di non aderire ad un’idea preimpostata e decisa per loro.

 

 

Giulia Maino

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