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La storia delle due squadre meneghine a Milano a Palazzo Reale fino all’8 settembre

La leggenda del Mago Herrera e del Pàron Nereo Rocco

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Da un lato, Helenio Herrera, il Mago, uno scienziato del calcio con qualche tentazione stregonesca, uomo di mondo che ha conosciuto la miseria nell’infanzia a Casablanca, conoscitore di 3 lingue, elegante e metodico, colui che con i suoi allenamenti e la mitica lavagna tattica ha innovato il ruolo dell’allenatore di calcio sulla panchina dell’Inter targata Moratti Angelo.
Dall’altro, Nereo Rocco, il Pàron, figlio della borghesia triestina, apparentemente burbero ma dal cuore d’oro, ruspante e verace, capace di stemperare gli animi e di fare gruppo con le sue battute, rigorosamente in dialetto, condottiero della prima Coppa dei Campioni della storia del calcio italiano (’62-’63), sconfiggendo il Benfica di Eusebio.
Entrambi a Milano, cuore del boom economico degli anni ’60, nel pieno di una profonda trasformazione urbanistica (i grattacieli e la metropolitana) e del suo tessuto sociale (i nuovi ricchi che riempivano i grandi magazzini, gli operai, spesso emigrati dal Sud, nelle fabbriche dell’hinterland), culla di grandi talenti come Celentano, Jannacci, Gaber, Valeri, Soldati, Bocca, Bianciardi e tanti altri.
Questi sono i tre elementi, sapientemente integrati gli uni negli altri, che contraddistinguono “Quelli che… Milan Inter ’63. La leggenda del Mago e del Pàron”, in esposizione a Palazzo Reale a Milano fino all’8 settembre. Il suo curatore, Gigi Garanzini, giornalista, scrittore e conduttore radiofonico di lungo corso, afferma che, a fronte di una cronaca sportiva non edificante dal punto di vista tecnico e soprattutto ambientale, il rifugio nella storia costituisce un’eccellente medicina, sia per chi è tifoso delle strisciate di Milano e vuole conoscere due grandi del passato delle loro squadre del cuore sia per chi, semplice appassionato, intende invece comprenderne l’impatto sul calcio italiano. I visitatori si caleranno in un contesto sportivo diverso dall’attuale, (ri)scoprendo un mondo dove il calcio era semplicemente uno sport e non un business con un’accessoria componente agonistica, dove si poteva instaurare un rapporto normale con i propri idoli, uomini eccezionali in campo ma comuni fuori, che a fine carriera dovevano trovarsi un mestiere per tirare a campare.
Fotografie d’autore e filmati d’archivio arricchiranno la conoscenza di questi due grandi allenatori.

 

Stefano Summa

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